E’ stato – così gli ha reso omaggio il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez – un leader che ha lottato per un mondo migliore e più giusto, ma anche il presidente più povero del mondo. José “Pepe” Mujica, leggendario ex presidente dell’Uruguay è morto all’età di 89 anni. Da tempo era malato di cancro e riceveva soltanto cure palliative, come ha ha detto la moglie, Lucia Topolansky. Il governo di Montevideo ha dato l’annuncio ufficiale con l’attuale presidente Yamandu Orsi: “Addio, con profondo dolore, al nostro compagno Pepe Mujica, presidente, attivista, guida e leader. Ci mancherai molto, vecchio amico”.
Una figura unica nel panorama internazionale e un’esperienza singolare nell’America Latina del dopoguerra: negli anni Settanta è stato un guerrigliero tupamaro, perseguitato dai militari che avevano preso il potere nel 1973 con il colpo di Stato. Una dittatura quasi parallela con quella argentina, durata 12 anni. Un periodo lungo che Mujica trascorse in carcere, quasi sempre in isolamento.
La sua popolarità ne ha fatto uno dei protagonisti della politica del continente latino americano, diventando nel 2010 presidente dell’Uruguay. Durante i cinque anni del suo mandato Mujica – che aveva rinunciato a gran parte del suo stipendio utilizzando per gli spostamenti un vecchio Maggiolino Volkswagen e vivendo in una abitazione semplicissima – è diventato in un certo senso il portavoce del movimento anti-consumismo spingendo al tempo stesso per il varo di diverse leggi progressiste, tra cui la legalizzazione dell’aborto e del matrimonio gay. Sotto la presidenza dell’ex guerrigliero l’Uruguay diventa nel 2013 il primo paese al mondo a consentire l’uso ricreativo della cannabis.
Dopo la fine del suo mandato la popolarità di Mujica è rimasta altissima anche a livello internazionale. Fedele al suo ‘stile’ a gennaio aveva comunicato che il suo cancro, diagnosticato all’esofago l’anno precedente, si era diffuso e che avrebbe interrotto le cure. Oggi la scomparsa, salutata dagli altri leader latino americani come quella di “un grande rivoluzionario”, un “vero amico” e un esempio “eterno”.
E’ stato definito il “Robin Hood delle banche”, il “Mandela sudamericano”, promotore di pace, dal sorriso malizioso e una dialettica suadente, amato dalle star internazionali, lascia un ‘eredità molto più complessa per gli uruguaiani. Ha avuto più successo fuori che in patria. Di sè diceva: “Verrò ricordato come un vecchio mezzo matto”. Diceva questo di sé José Alberto Mujica Cordano, ex presidente della Repubblica Orientale dell’Uruguay dal 2010 al 2015, per tutti “El Pepe”, con origini italiane da parte materna.
Il sipario lo ha voluto calare lui in anticipo. In una recente intervista ha detto: “Sto morendo. Il guerriero ha il diritto di riposare”. Sarà sepolto nella sua casa di campagna ai piedi di una grande sequoia.
IL GOLPE
Il 27 giugno del 1973, forze militari e di polizia entrarono nel palazzo legislativo di Montevideo. Si dava così inizio alla dittatura civico-militare in Uruguay. Il principale fautore fu leader costituzionalmente eletto nel 1971 del partito Colorado Juan María Bordaberry che sciolse le Camere e aprì la strada all’autorità militare per comandare il Paese.
Alcuni storiografi considerano che già nel mese di febbraio ci fu in realtà l’inizio di questo colpo di Stato quando Juan María Bordaberry, in qualche misura ebbe a confrontarsi con i militari arrivando ad un accordo, noto come l’accordo di Boiso Lanza, dove Juan María Bordaberry lasciava spazio alla casta militare, ed è così che la casta militare riuscì ad entrare in Parlamento qualche mese dopo.
Da non dimenticare neppure che quel periodo di dittatura incominciò dopo l’amministrazione di Jorge Pacheco Areco, il “Pachecato”. Durante il suo governo il terrorismo di Stato cominciava a manifestarsi con una repressione feroce contro gli studenti, i sindacati, le corporazioni, i “Tupamaros”, ma ancora molto più grave, con la presenza degli squadroni della morte, gruppi parapolizieschi e paramilitari che colpivano duramente chi si opponesse a queste azioni di terrorismo di Stato durante il governo di Pacheco. Gli studenti nei licei venivano picchiati da gruppi della “JUP” (“Gioventù Uruguaiana in piedi). Un’altra piaga feroce di quel periodo fu la scomparsa di centinaia di oppositori, i desaparecidos, uccisi e i cui corpi non sono stati mai ritrovati se non in sei circostanze.
L’Uruguay è il terzo Stato più piccolo dell’America Meridionale. Ha 3 milioni e mezzo di abitanti e una grande passione per il calcio che sforna di continuo giocatori di talento. Di recente alle presidenziali l’elettorato si è espresso di nuovo a favore della coalizione sostenuta da Mujica, il Frente Amplio, al governo per 15 anni fino al 2020 e tornato al potere con Yamandu Orsi.