BOLOGNA – Non era solo amanti, ma tra loro c’era un‘contratto’ sessuale, che stabiliva come dovessero andare le cose tra loro: il 18 maggio 2023, un anno esatto prima del delitto, Giampiero Gualandi e Sofia Stefani avrebbero condiviso un “‘contratto’ di sottomissione sessuale, dai contenuti degradanti”.
Ecco alcuni punti del contratto di sottomissione: «La Sottomessa si impegna a mantener fede ai seguenti impegni, inderogabili: 1) non avrò altri padroni fino alla rescissione del presente contratto; 2) questo atto può essere rescisso esclusivamente per volontà del mio padrone e signore; 3) io posso rescindere dal presente contratto soltanto se il mio padrone me lo consentirà; 4) eseguirò qualunque ordine del mio padrone senza esitazione alcuna».
Il dettaglio è emerso questa mattina nel corso del processo a Bologna: a citare il contratto, nell’aula della Corte d’Assise, è stata la procuratrice aggiunta Lucia Russo, che rappresenta la pubblica accusa nel processo a carico di Gualandi, 63enne ex comandante della polizia locale di Anzola dell’Emilia (Bologna) accusato dell’omicidio volontario, aggravato dal legame affettivo con la vittima e dai futili motivi, della ex collega Sofia Stefani, con cui avevauna relazione extraconiugale. La donna, 33 anni, fu uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo al volto partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi, colpo sparato nell’ufficio dell’uomo nella sede del Comando dei vigili di Anzola.
L’imputato (presente in aula) ha sempre sostenuto che il colpo partì per caso durante una colluttazione, mentre per la Procura di Bologna si tratta, appunto, di omicidio volontario. Questo perché tra le altre cose, sottolinea Russo, sull’arma del delitto “non sono state trovate tracce né biologiche né dattiloscopiche della vittima, ma solo dell’imputato”.
Nei “concitati giorni” che portarono all’omicidio di Sofia Stefani, Giampiero Gualandi “si trovava prigioniero di un castello di menzogne da lui costruito”, ha detto ancora durante l’udienza la procuratrice aggiunta Lucia Russo, che rappresenta la pubblica accusa nel processo a carico di Gualandi. Nel suo intervento, Russo ricostruisce la “tormentata relazione” tra Gualandi e Stefani, iniziata nel 2023 e “fortemente squilibrata per la riferitavulnerabilità della vittima”.
La relazione, caratterizzata da una “ciclica altalenanza” di momenti di quiete e di tensione, “fu interrotta per pochi giorni” alla fine di aprile del 2024, dopo che fu scoperta casualmente dalla moglie di Gualandi. A lei, afferma Russo, l’imputato, “invece di assumersi le proprie responsabilità, disse che era finita da tempo e che Sofia Stefani lo tormentava perché non accettava che fosse finita”.
Dopo pochi giorni, prosegue la procuratrice aggiunta, la relazione riprese, e proprio in quei giorni, immediatamente precedenti l’omicidio, Gualandi sarebbe stato “prigioniero del castello di menzogne” che aveva costruito, perché a Sofia continuava a “scrivere messaggi che confermavano il rapporto affettivo, mentre alla moglie, negli stessi minuti, scriveva che Sofia continuava a tormentarlo”. (Il resoconto del processo è di Andrea Mari per l’Agenzia Dire).