Ecco il lunedì nero delle Borse. Il nero è ormai il colore dei mercati, dopo l’annuncio dei dazi universali di Trump della scorsa settimana. In apertura Tokyo perde oltre l’8%, Seul il 5%, mentre Hong Kong e Taipei affondano attorno al 10%. L’effetto domino si propaga in fretta, innescando timori sempre più concreti di una recessione globale autoindotta. Scambi disastrosi per i mercati: colossi Alibaba e Tencent in picchiata, giù le banche a Milano. Trump: “Non c’è inflazione e cala il prezzo del petrolio”. Tajani conferma le contromisure Ue dal 15 aprile.
Aperture in profondo rosso per le borse europee, dopo i crolli sulle piazze asiatiche. In 3 ore sono stati bruciati più di 850 miliardi di capitalizzazione. Milano cede oltre il 7% in linea con Francoforte. Parigi – 6,8% e Londra -6,30%. Non si salva nessuno. Si sta profilando un lunedì realmente nero, dopo le gravissime perdite già incassate tra giovedì e venerdì scorsi, quando in Europa sono andati in fumo oltre 1.200 miliardi di capitalizzazione.
I mercati asiatici tremano. Tokyo ha perso sette punti e mezzo, Hong Kong cede addirittura il 12%, Shanghai 8 punti. Un’emorragia di capitali su tutte le piazze, dall’Australia all’India passando per Taiwan. La Cina intanto fa sapere: “Resteremo una terra sicura per gli investimenti stranieri”.
I futures di Wall Street prospettano una pessima apertura anche a New York. Non a caso l’unico indice che sale è il Vix, il cosiddetto indice della paura (cioè dell’incertezza dei mercati): +14%.
Gli analisti temono ormai una recessione globale. Scivola il petrolio (per la prima volta dal 2021 il barile di greggio americano sotto i 60 dollari). E scende in picchiata anche il gas naturale sul mercato di Amsterdam, sotto i 35 euro per megawatt/ora (-5%). Ma perde molto anche il bitcoin, che brucia tutti i guadagni realizzati dalla vittoria di Trump ad oggi. La criptoivaluta torna ai minimi da 5 mesi a 76.873 dollari.
L’indice paneuropeo Stoxx 600, che monitora le seicento maggiori aziende europee, è crollato di oltre il 6% questa mattina, raggiungendo il livello più basso dall’inizio di dicembre 2023. A Londra, l’indice FTSE 100 dei titoli blue chip è crollato di 488 punti, ovvero del 6%, portandosi a 7566 punti, il livello più basso da febbraio 2024.
Nel fine settimana, analisti e osservatori avevano lanciato l’allarme: l’Asia è il ventre molle del conflitto tariffario tra Stati Uniti e Cina. Il motivo è semplice – le economie della regione, dal Giappone alla Corea del Sud, dipendono dai giganti. Trump non s’è fatto attendere e dall’Air Force One ha ribadito l’intenzione di mantenere le tariffe “finché gli altri non pagheranno un sacco di soldi”, minimizzando le conseguenze inflazionistiche: “Non credo che l’inflazione sarà un grosso problema”.
Ma il mercato non gli ha creduto. Alla riapertura delle contrattazioni, è stata svendita generale immediata. Il settore tech è stato il più colpito: Taiwan Semiconductor, primo produttore mondiale di chip, ha perso quasi il 10%. Male anche Foxconn, fornitore chiave di Apple. In picchiata Alibaba, Tencent, Xiaomi. Samsung ha ceduto il 4%, Nintendo ha oscillato tra il -5% e un picco di -10% all’apertura.
I futures sull’S&P 500, termometro anticipatore di Wall Street, hanno segnato -4% già domenica notte. In discesa anche le materie prime: petrolio giù del 3%, rame -5%, altro segnale che il rallentamento potrebbe farsi strutturale. L’S&P 500 è a -17,4% dai massimi di febbraio, a un passo dal mercato ribassista. Il Nasdaq, gonfio di titoli tech, è già in bear market (-23% dal picco di dicembre). Peggio fa il Russell 2000, che traccia le piccole imprese: -25% da novembre.
IN ITALIA alle 13 la situazione della Borsa era pesante: l’indice Ftse Mib flette del 4,5% a 33.091 punti (minimo intraday a 31.945 punti, livello di agosto 2024) con i titoli del lusso e Stellantis che perdono in media il 6%. Subito dietro A2A, Eni, Intesa Sanpaolo e Mediobanca con un -5%. Con gli investitori spaventati dalla guerra commerciale, mentre aumenta la probabilità di un taglio dei tassi da parte della Bce (al 90% un taglio dei tassi di 25 punti base la prossima settimana), lo spread Btp/Bund balza a 125,2 punti base, il livello più alto da fine novembre. Anche i credit default swaps a cinque anni dell’Italia salgono a 70 punti base. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha suggerito che l’Unione Europea potrebbe posticipare l’entrata in vigore dei primi contro-dazi nei confronti degli Stati Uniti al 30 aprile dal 15 aprile. «Si può magari pensare a un rinvio al 30 ma certamente non è che noi ci opponiamo ai dazi. Vediamo se si può rinviare di qualche settimana in modo che ci sia più tempo per il dialogo», ha detto Tajani prima della riunione dei ministri Ue.
Preston Caldwell, economista di Morningstar, parla apertamente di “catastrofe autoinflitta”. I segnali dagli Stati Uniti arrivano anche dal fronte delle imprese: aumento dei prezzi annunciato per cibo, abbigliamento e beni di largo consumo. Le aziende automobilistiche iniziano a tagliare la produzione e i posti di lavoro. I consumatori frenano, e le banche alzano le probabilità di recessione nei prossimi 12 mesi.
L’ANDAMENTO DELLA SETTIMANA SCORSA
Solo contro tutti, Donald Trump non ha ripensamenti anche se Wall Street è in picchiata, come le Borse asiatiche ed europee. Milano a mezzogiorno ha toccato il -7%. Il Dow Jones ha perso quasi 1.700 punti, pari al 4%, l’S&P quasi il 5%, il NASDAQ quasi il 6%, mandando in fumo oltre 2.000 miliardi di dollari e trascinando le borse mondiali in pesanti perdite.
In Italia, dopo un’apertura negativa, le perdite sono aumentate, con i timori di una recessione globale sulla scia dell’annuncio sui dazi. Piazza Affari in picchiata: a metà seduta il Ftse Mib ha registrato il -7,1%. Sprofondano le banche e le assicurazioni. Nel Vecchio continente nessuno fa peggio di Milano, ma sono comunque ampiamente in negativo anche Madrid, Francoforte, Parigi e Londra.
A Piazza Affari, con l’indice FtseMib che in giornata ha toccato una flessione di oltre il 7,5%, si è registrato un calo come nel giorno dell’attacco alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001. L’indice ha registrato negli anni le dieci sedute peggiori: il 24 giugno del 2016, in occasione del post referendum della Brexit, il listino ha registrato un calo del 12,48%. Il 6ottobre 2008, con il fallimento Lehman Brothers, la flessione è stata dell’8,24%. In occasione dell’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono, il calo fu del 7,57%.
Ma si prospettano altre giornate di sofferenza sui mercati, dopo che la Cina ha annunciato che imporrà dazi del 34% – un’aliquota pari a quella imposta alla Cina dagli Stati Uniti, che si aggiunge al 20% già imposto da Trump per la questione fentanyl – su tutti i prodotti importati dagli Stati Uniti.
In netto calo il petrolio. Il Wti cede il 6,7% a 62,53 dollari al barile. Il Brent lascia sul terreno il 6,2% a 65,81 dollari. Il prezzo del gas è in flessione del 7,4% a 36,30 euro al megawattora. Sul fronte dei titoli di Stato lo spread tra Btp e Bund si attesta a 121 punti, con il rendimento del decennale italiano al 3,72%. L’euro è poco mosso a 1,1046 sul dollaro.
Marco Giustiniani (The Voice of New York) ci informa che alla Casa Bianca poco importa che i leader mondiali vedano il presidente americano come un mitomane narcisista, incapace di comprendere le conseguenze globali delle sue decisioni, mentre si aliena alleanze decennali e ignora persino gli accordi commerciali che lui stesso aveva negoziato, come l’USMCA (United States-Mexico-Canada Agreement).
Apple e Nike sono tra le aziende più colpite dall’ondata di vendite. Apple ha perso fino al 9%, Nike il 13%, complice la previsione di un aumento significativo dei prezzi a causa della dipendenza da catene di approvvigionamento basate in Vietnam, Cina e India, colpite dai nuovi dazi.
“Non scommettete contro il presidente Trump” ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, prevedendo un “boom economico” grazie ai tagli fiscali, alla deregolamentazione e alla spinta sull’industria energetica. Il Tesoro e il Commercio minacciano ritorsioni contro i Paesi colpiti dai dazi, ma secondo Fitch Ratings la politica tariffaria di Trump aumenta il rischio di recessione negli Stati Uniti.
Anche i repubblicani cominciano a mostrare segni di insofferenza. Il senatore Chuck Grassley, storico alleato di Trump, ha presentato con la democratica Maria Cantwell un disegno di legge per limitare l’autorità presidenziale sui dazi e dare più potere al Congresso. Altri repubblicani, come Rand Paul e Mitch McConnell, criticano apertamente la strategia di Trump, temendo un aumento dei prezzi per i consumatori americani in vista delle elezioni di midterm.
Trump, però, non arretra. “L’intervento è finito! Il paziente è sopravvissuto e sta guarendo. Rendiamo l’America di nuovo grande!”, ha scritto su Truth Social. Il Canada ha già annunciato dazi del 25% sulle auto americane escluse dall’USMCA. Il premier Mark Carney ha definito la risposta “calibrata”, senza fornire dettagli sui volumi di veicoli interessati.
L’economista Paul Krugman ha definito la decisione di Trump “completamente folle”, accusandolo di giustificare i dazi con numeri falsi. “La Ue applica tariffe medie del 3% sui prodotti Usa, da dove esce questo 39%?”, ha detto a MSNBC. Secondo il ministero del Commercio Usa, la formula per calcolare i nuovi dazi si basa sul deficit commerciale bilaterale, con risultati che portano a tariffe punitive del 46% per il Vietnam e del 49% per la Cambogia.
Le misure hanno prodotto anche effetti surreali. La CNN e il Guardian segnalano che sono stati colpiti dazi del 10% anche sulle isole Heard e McDonald, nel sud dell’Oceano Indiano, dove vivono solo foche e pinguini. Stessa sorte per Jan Mayen, territorio norvegese senza residenti permanenti, e per Diego Garcia, che ospita basi militari americane e britanniche.
Nella lista nera di Trump mancano però Russia, Corea del Nord e Cuba, che non subiranno le nuove tariffe. Sorprende anche il trattamento riservato a Iran e Israele: i prodotti iraniani saranno tassati al 10%, mentre quelli israeliani al 17%, una scelta che contrasta con la tradizionale politica americana di sostegno a Israele.