martedì 1 Luglio 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

STRETTO DI HORMUZ / Verso il blocco della rotta navale del petrolio

Dopo il pesante attacco degli Stati Uniti ai tre siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz ed Esfahan, il moltiplicarsi degli appelli internazionali alla de escalation e le minacce di ritorsioni in caso di risposta da parte di Teheran, l’Iran non mostra segni di cedimento e tira dritto. La conferma arriva dal presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Masoud Pezeshkian, che su X promette: “Percorreremo questa strada insieme. Preserveremo insieme l’Iran. E mostreremo al mondo che questa grande nazione è invincibile. Il nostro essere insieme è la vittoria”.

 

“Sarebbe un atto di autolesionismo da parte dell’Iran chiudere lo stretto di Hormuz. Il danno sarebbe innanzitutto per l’Iran e poi provocherebbe una serie di reazioni, compresa quella della Cina” che “si serve di quel petrolio”. Da parte dell’Iran “perdere anche il sostegno della Cina e provocare reazioni in tutto il Medio Oriente significherebbe non soltanto subire un danno economico ma anche rimanere completamente isolata e non avere più interlocutori”. Lo afferma il ministro degli Esteri Antonio Tajani intervistato dal Tg5. La chiusura dello stretto di Hormuz sarebbe “un atto violento dal punto di vista economico e avrebbe delle ricadute sull’economia di tutto il mondo. A mio giudizio comporterebbe un danno maggiore all’Iran rispetto a quello che farebbe agli altri”, conclude.

LO STRETTO DI HORMUZ

E’ situato tra l’Oman e l’Iran, collega il Golfo Persico al Golfo di Oman. Nel suo punto di minore larghezza, la costa dei due Paesi è separata da un tratto di mare di appena 34 chilometri. Tutta la costa nord del Golfo Persico appartiene all’Iran, mentre dall’altra sponda si trovano paesi come Kuwait, Arabia Saudita, Bahrein, Qatar e Oman, con diverse basi militari Usa. Da questa strettoia transitano passano ogni giorno circa 20 milioni di barili, ossia un quinto dell’offerta mondiale di petrolio (specialmente quello di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar, Iraq e Iran), e più di un decimo del gas nellasua forma liquida, congelato e poi imbarcato nei porti di Qatar, Arabia Saudita e Iran.

Visto il passaggio di centinaia di navi ogni giorno, lo Stretto di Hormuz è organizzato in corsie di navigazione regolate da uno Schema di Separazione del Traffico per evitare collisioni tra le imbarcazioni. Ogni corsia, una in ingresso e una in uscita dallo Stretto, è larga 3 chilometri. Questo delicato equilibrio può essere messo in crisi molto facilmente, se l’Iran decidesse di chiudere lo Stretto con navi della Marina militare o attaccando imbarcazioni di Paesi considerati ostili. Alcuni giorni fa,  intanto, diverse imbarcazioni in transito nello Stretto hanno registrato un aumento delle interferenze elettromagnetiche contro le loro strumentazioni di bordo.

La ripercussione più immediata – scrive il sito geopop (www.geopop.it) sarebbe l’aumento del prezzo del petrolio sui mercati finanziari. Secondo Jorge Leon, analista geopolitico di Rystad ed ex funzionario dell’Opec, questa eventualità potrebbe far crescere fino a 20 dollari il prezzo per barile. Questo scenario spaventa moltissimo l’Europa, che dopo l’inizio della guerra in Ucraina ha cercato di affrancarsi dalla sua storica dipendenza energetica verso la Russia, spesso scegliendo come nuovi fornitori proprio i Paesi del Golfo.

Anche gli Stati Uniti e la Cina temono questa eventualità e una possibile militarizzazione dello Stretto di Hormuz. Washington ha già chiesto in diverse occasioni che Israele smetta di colpire le strutture iraniane per la produzione di petrolio e gas naturale, come già accaduto nella notte tra il 14 e il 15 giugno, quando sono stati attaccati diversi depositi di carburante a Teheran e il giacimento di gas South Pars, nella città portuale di Kangan. Anche la Cina, che acquista il 90% dell’export di greggio iraniano sotto sanzioni, ha richiesto che le petroliere siano libere di circolare nello Stretto di Hormuz.

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