di Piero Di Antonio
— Il Congresso Usa ha approvato il “Grande, Splendido disegno di legge” (“Big, Beautiful Bill”) voluto da Trump che venerdì lo firmerà. Si tratta di un pacchetto da 3.400 miliardi di dollari che cambierà il sistema fiscale e sociale, promettendo agevolazioni per tutti, ma, nei fatti, premiando i più ricchi e colpendo i più poveri. Trump ha anche inscenato un indecoroso show televisivo nel giorno dell’Independence Day. Ma, in verità, comincia a sentire sul collo un vento a lui sfavorevole. Arriva dalla società americana, dalla sua New York.
Trump ha fiutato il pericolo e dà inizio alla guerriglia contro il giovane e ricco immigrato che ha vinto, a sorpresa, le primarie dem per la candidatura a sindaco di New York. E’ Zohran Mamdani, un talento sostenuto da due personaggi illustri decisi a non darla vinta alla classe dirigente dal pugno duro che si è stabilita alla Casa Bianca e che tanto fa inorridire l’Europa dei diritti umani e civili. Sono l’anziano senatore Bernie Sanders, dem che si definisce socialista, e la giovanissima Alexandria Ocasio-Cortez, fino qualche tempo fa cameriera in un pub di New York e oggi figura di punta della nuova leva democratica. Entrambi riempiono le piazze dell’America che si oppone, entrambi hanno poco a che vedere con il cosiddetto Centro contro cui si sono infrante le ambizioni di parecchi candidati post-kennediani.
Che Trump cominci ad avvertire il vento nuovo che soffia dalla società del multiculturalismo lo si intuisce dalla minaccia di far arrestare il candidato democratico, Mamdani appunto, se – nel caso fosse eletto – dovesse impedire agli agenti dell’Immigrazione (Ice) gli arresti di immigrati irregolari. “Allora dovremo arrestarlo” ha risposto, infatti, ai giornalisti che gli avevano chiesto di commentare le parole di Mamdani sul fatto che se fosse diventato sindaco avrebbe usato il suo potere per “impedire agli agenti di deportare i nostri vicini”.
Trump, teatrale: “Non abbiamo bisogno di un comunista in questo Paese, ma se ne abbiamo uno lo terremo sotto stretta osservazione. Molte persone sostengono che sia in America illegalmente”. Siamo in pieno maccartismo, stavolta sostenuto da un’informazione e da una tecnologia straordinarie. La frase – detta da una persona che ha sempre attaccato Obama con una pietosa bugia (“non è nato in America”) – è una limpida e paradossale dimostrazione di come alla guida della (ex) nazione più potente del mondo si sia piazzato in pianta stabile un clan di avventurieri, diretti nel linguaggio e disposti a tutto nei comportamenti.
Ma Zohran, naturalizzato americano appena 7 anni fa, non si è tirato indietro e ha mostrato il petto a mo’ di sfida, definendo le minacce che gli sono arrivate dalla Casa Bianca “intimidazioni politiche”. “Le mie posizioni – ha poi spiegato – non giustificano minacce di arresto” con una chiosa illuminante e dal forte contenuto politico: “Saranno gli elettori a rispondere alle dichiarazioni del presidente”. Per molti osservatori, è proprio Zohran, il candidato più a sinistra nella storia di New York, l’anti-Trump.
Sebbene accusato di avere pochissima esperienza, al giovane esponente della nuova sinistra non mancano né i risultati, né una visione chiara. Si è laureato in African Studies al Bowdoin, un college del Maine dove la scrittrice Harriet Beecher Stowe, “la piccola signora che iniziò la grande guerra civile americana“, scrisse il suo romanzo antischiavista “La capanna dello Zio Tom”.
Come mai Zohran ha avuto tanti voti al punto di sbaragliare le ambizioni di un pezzo da novanta del partito democratico, il superfavorito delle primarie, Andrew Cuomo? Ha lavorato come consulente per la prevenzione dei pignoramenti immobiliari, aiutando proprietari di case a basso reddito – in particolare afroamericani e latini – a non perdere le loro abitazioni. È in questo contesto che nasce la sua vocazione: “Vedevo ogni giorno gli effetti concreti della disuguaglianza – ha raccontato – impossibile restare neutrale“.
Eletto deputato statale nel 2020, ha introdotto un programma che ha reso gratuiti alcuni autobus cittadini e promosso progetti di edilizia pubblica, misure contro gli sfratti e campagne di protezione per gli inquilini nel Queens. Al centro della sua proposta politica ci sono misure chiare, concrete e radicali: trasporti pubblici gratuiti, congelamento degli affitti regolamentati per quattro anni, assistenza medica gratuita per i bambini, costruzione massiccia di nuove abitazioni a canone calmierato e perfino la creazione di supermercati comunali con beni essenziali a prezzi ridotti. “Come si finanzia un programma del genere?” gli è stato chiesto. Anche qui, la risposta è stata chiara e semplice: “Tasse, soprattutto per i ricchi”, Questo durante la campagan delle primarie. E dopo l’attacco di Trump? Zohran non si è scomposto: “Il Presidente degli Stati Uniti ha appena minacciato di farmi arrestare, togliermi la cittadinanza, rinchiudermi in un campo di detenzione e deportarmi. Non perché abbia violato la legge, ma perché mi rifiuto di lasciare che l’Agenzia per l’immigrazione terrorizzi la nostra città”. Con questo post su X ha risposto alle intimidazioni. “Le sue parole non sono solo un attacco alla nostra democrazia, ma un messaggio rivolto a tutti i newyorkesi che rifiutano di nascondersi nell’ombra: se alzate la voce, verranno a prendervi”.
All’inizio i sondaggi (come avvenuto in Italia con Elly Schlein candidata contro Bonaccini alla segreteria del Pd) lo davano strabattuto da Cuomo, l’1% contro il 92 del superfavorito. A campagna elettorale finita e nel conteggio dei voti veri, le primarie dem le ha vinte lui. “La rivincita degli ideali – ha scritto la parte della stampa progressista riuscita a sopravvivere ai giri di valzer con Trump – contro la forza”.
Zohran appariva come un miraggio, il candidato quasi inesistente che avrebbe portato la capitale del mondo al suicidio. Poi, tirate le somme, ci si accorge che colui che si profilava all’orizzonte dei Democratici come un’allucinazione, in realtà si è rivelato l’unica speranza di sconfiggere la brutta America trampiana. E tutti a chiedersi: come ha fatto a scardinare la tendenza universale della sinistra democratica a spostarsi sempre al centro e a collezionare di conseguenza rovinose sconfitte?
Premessa. Zohran ha tutte, ma proprio tutte, le carte per incantare. Giovane, ricco, colto, “straniero” di nascita e di fede musulmana, ma assai concreto. E qui sta la sua forza e incisività, e quindi la sua efficacia: nella nitidezza dei messaggi che hanno affascinato soprattutto i giovani, sempre tentati di snobbare il mondo degli adulti che detengono parecchie chiavi del potere e che non ne sono affascinati, anzi delusi. E’ interessante quindi sapere perché ha vinto.
Tanti gli insegnamenti da importare: raccontare, ad esempio, il paradosso dei venditori di hot dog. Li ha incontrati per strada e loro gli hanno spiegato che potrebbero abbassare i prezzi se non fossero strangolati con le licenze da pagare a proprietari che non si ricordano più com’è fatto il loro chiosco, se mai l’hanno visto in vita loro. Oppure diffondere l’intervista a un ragazzo come lui in viaggio tra una fermata e l’altra, coprendo i piccoli microfoni con i biglietti della metro (trovata geniale per dire dove sono e perché). Discutono su come i trasporti in città dovrebbero essere fast and free, cioè veloci e gratuiti, spiegando che si può. “Come?” Chiede il ragazzo. “Facendo pagare le tasse ai più ricchi” risponde il miraggio, che subito tranquillizza il ragazzo: “Non parlo di te, ma di quelli che guadagnano più di un milione all’anno”.
E lo stesso si potrebbe fare con le case: ovvero congelando gli affitti. Se nella Milano della speculazione edilizia, un monolocale in affitto di 25 metri quadrati viene fatto pagare “a strozzo” anche 700 euro (qui sarebbe meglio non parlare di New York che – sull’argomento – non fa parte di questo mondo), non si capisce come possa essere ritenuta demagogica una tale proposta quando a farla è uno di sinistra che ha il coraggio di proporla senza troppo girarci attorno.
Video brevi e formidabili, ormai virali in Rete. In uno di questi – scrive il giornalista della Voce di New York, Angelo Figorilli – chiede a tutti i suoi sostenitori, mentre sale e urla dalla panchina del lungofiume, di fermarsi a dare soldi alla sua campagna elettorale, che ora c’è bisogno soprattutto di mani per andare a bussare alle porte di chi ancora non ha capito che New York ha di fronte una sfida storica: liberarsi in un colpo dall’idea che non si può più fare nulla contro Trump e anche da quella che i Democratici debbano essere destinati a governare sempre e solo guardando al centro, alla moderazione, all’equilibrio, nonostante tutte le controprove e le evidenze incassate negli ultimi anni. Moderazione, equilibrio, perfino il sussiegoso garbo, che hanno allargato a dismisura lo scandaloso divario tra chi ha e chi non ha a sufficienza.
Ora Zohran Mamdani, con il suo linguaggio chiaro, è entrato nel frullatore del senso di colpa dei media, che corrono a dire che l’avevano visto arrivare (?), che sorridono a ogni suo sorriso nelle interviste e che fanno la fila per sentirlo parlare di Netanyahu e dire che, sì, se potesse, come sindaco di New York, vorrebbe che fosse arrestato perché ricercato da una corte penale internazionale.
Insomma, l’America ha una nuova storia da raccontare e di conseguenza un altro consiglio da seguire: quello di un vecchio saggio, Bernie Sanders, che assieme a Alexandria Ocasio-Cortez, sta riempiendo le piazze dell’America anti-Trump. Questo senatore sempre “maltrattato” per paura e ignavia dalla stampa e dagli avversari, è stato il primo a dire con grande franchezza ai Democratrici vecchi e nuovi: “State dietro a quel ragazzo, seguitelo, forse questa volta è la volta giusta”.
Fin qui il sorpendente insegnamento di New York. E l’Italia che vuol far credere di essere il ponte tra l’America e la vecchia e cara Europa? In sintesi, è un continuo sentire e dover sopportare espressioni del tipo: ma dove pensa di andare questa sinistra? La Schlein non può guidare il Pd, alla prossima elezione prenderà una nuova sberla. Ma i progressisti devono dare già per persa la battaglia?
Se da New York non vogliamo far tesoro di ciò che andrebbe fatto, ascoltiamo allora il cuore e la ragione, e cominciamo a dire alla cara Schlein e alla sinistra progressista e laica che potrebbero giocare fino in fondo le carte se solo avessero il coraggio di rinunciare ad alcuni riti che ha sfiancato la pubblica opinione. Primo, disertare le volgari trappole della tv monopolio della destra. Il mai troppo rimpianto Marshall McLuhan ci ha insegnato che “è importante studiare i media non tanto in base ai contenuti che veicolano, ma in base ai criteri strutturali con cui hanno organizzato la comunicazione”. Questo pensiero lo conosciamo come “il medium è il messaggio”.
Quindi un netto No agli inviti tentacolari di chi organizza la comunicazione pro domo sua e che, anziché far passare il messaggio, lo confonde, lo devia su binari morti, lo nasconde dietro frasi fatte condite da espressioni spesso feroci. Quindi, addio ai talk show dove si va a ripetere concetti noiosi da sbadiglio in diretta. Come Zohran, chi aspira a un posto in prima fila nella politica e nel governo continui ad andare nelle strade, a incontrare le storie vere di un commercio ormai simile a un deserto, di pazienti che non possono ricorrere alle cure sanitarie. Faccia vedere chi è costretto a pagare cure private tirando fuori decine e decine di euro, il tutto per non rimandare una visita alle calende greche. Si fermi a parlare il 27 del mese con un lavoratore che ha appena ritirato la busta paga. Ce la faccia vedere, senza alcun commento di sottofondo.
Vada a parlare agli studenti universitari costretti a stare in una stamberga e pagarla come una stanza all’Hilton. E una bella intervista a chi insegna nelle scuole dimenticate? E un bel viaggio in treno? Mai risparmiarselo, soprattutto in queste ore quando uno spot pubblicitario delle Ferrovie dello Stato (“L’emozione di essere italiani”) sta suscitando dileggio e rifiuto per il penoso testo che lo accompagna. Viene trasmesso – senza un velo di vergogna e pudore – su tutte le reti televisive. Merita l’imperitura pubblicazione.
In questa pubblicità da Istituto Luce, si avverte una mancanza che avrebbe riequilibrato tanta sfacciata retorica: è ‘irresistibile risposta che in un film Massimo Troisi dà all’elegante ammiratrice del Duce: “Da quando c’è Lui … treni in orario e tutto in ordine!”. E Troisi di rimando: “Per fare arrivare i treni in orario, però, se vogliamo, mica c’era bisogno di farlo capo del governo. Bastava farlo capostazione”.