La Corte d’appello di Milano, sezione lavoro, ha confermato la condanna per discriminazione a carico del quotidiano della Confindustria Il Sole 24 Ore nei confronti della giornalista Lara Ricci, vice caposervizio (nella foto). La sentenza, pubblicata il 10 luglio 2025, ha respinto il ricorso dell’editore e ribadito che la lavoratrice è stata privata delle funzioni che ricopriva prima dell’assenza per maternità, subendo un demansionamento con conseguente danno all’immagine.
In primo grado, il tribunale del lavoro di Milano aveva emesso un decreto con cui ordinava al Sole-24 Ore di cessare il comportamento discriminatorio e di riassegnare alla giornalista le sue mansioni. Il giudice aveva inoltre stabilito di pagarle un cospicuo risarcimento (circa 150mila euro) e la pubblicazione (avvenuta) di un estratto del decreto di condanna sul quotidiano.
Secondo i giudici d’appello, dal momento del rientro Ricci non ha più avuto il compito di individuare i collaboratori esterni, di selezionare le tematiche da trattare, né di assegnare gli articoli. Inoltre, i magistrati hanno evidenziato che la lavoratrice non è più stata riconosciuta, né all’interno né all’esterno della redazione, come la responsabile delle pagine di letteratura e poesia dell’inserto settimanale La Domenica, ruolo che in precedenza le era attribuito.
Nelle motivazioni si legge che la giornalista ha subito un’umiliazione causata dalla “pubblica esautorazione del proprio ruolo”, che ha determinato un danno alla sua immagine professionale. Il collegio ha confermato quanto già stabilito in primo grado, ovvero che è illegittimo adottare provvedimenti che peggiorano la posizione professionale di una dipendente madre a seguito del periodo di assenza previsto dalla legge a tutela della maternità.
La difesa legale di Lara Ricci, rappresentata dall’avvocata Margherita Covi, ha sottolineato: “Il decreto reso all’esito della fase sommaria e le due sentenze di merito successive hanno affermato che non si può approfittare del periodo di lontananza dal lavoro imposto a tutela della madre e del bambino per adottare provvedimenti peggiorativi della posizione professionale che riguardano solo la lavoratrice madre. Il principio giuridico è che il demansionamento della lavoratrice che rientra dalla maternità integra discriminazione. Quello posto in essere dall’azienda, oltretutto, è un comportamento che trascina con sé potenziali effetti negativi sul fattore di protezione, appunto la maternità. Immaginiamo ad esempio l’effetto disincentivante che può avere su una collega, una conoscente, qualunque lavoratrice che desiderasse avere un figlio che viene a conoscenza del trattamento subito dalla lavoratrice madre”.
La decisione dei giudici d’appello è stata commentata anche dal presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, Paolo Perucchini, che ha dichiarato: “Quelle dei giudici d’appello sul caso della collega Lara Ricci del Sole 24 Ore sono motivazioni importanti che attestano come il concetto di discriminazione sia latente in molti comportamenti anche di editori importanti e in un settore che va considerato come avanzato”.