Elezioni politiche anticipate in Olanda: i liberali-democratici di Rob Jetten frenano, a sorpresa, l’ultradestra di Wilders. Con il 98,6% dei voti scrutinati, le due maggiori forze politiche sono entrambe accreditate a conquistare 26 seggi in Parlamento. Grande successo per l’astro nascente dei liberali europei, europeista convinto: “Milioni di olandesi hanno voltato pagina. Hanno detto addio alla politica della negatività, dell’odio”. L’affluenza è salita al 78,4%, ma è raddoppiatora il voto di protesta: 39.500 schede bianche.

In un’elezione anticipata che ha segnato un netto rifiuto della politica estrema, il partito liberal-progressista D66 emerge come il grande vincitore del voto in Olanda di ieri secondo gli exit poll, proiettato a conquistare 27 seggi su 150 nella Camera bassa. Questo risultato rappresenta un durissimo colpo per il partito di estrema destra guidato da Geert Wilders, che scivola al secondo posto con 25 seggi, perdendone 12 rispetto al trionfo del 2023.

LA CRONACA DOPO GLI EXIT POLL

ELEZIONI IN OLANDA / Sconfitta la Destra di Wilders (alleato di Salvini): in testa l’europeista Rob Jetten (csx)

Con un panorama politico frammentato, con 15 partiti che superano la soglia per entrare in Parlamento, la formazione di una coalizione centrista appare inevitabile, aprendo la strada a Rob Jetten, 38 anni, come potenziale primo ministro più giovane e primo leader apertamente gay della storia olandese. I temi dominanti – immigrazione, crisi abitativa e sanità – hanno polarizzato il dibattito, ma gli elettori sembrano aver premiato un messaggio di ottimismo e unità, in contrasto con i due anni di instabilità governativa. Le elezioni sono nate dalle ceneri di una coalizione di destra guidata dal Partito per la Libertà (PVV) di Geert Wilders, formatasi dopo la vittoria schiacciante del 2023 ma crollata dopo soli 11 mesi.

Wilders ritirò il suo partito dal governo a giugno, frustrato dal rifiuto dei partner di adottare misure anti-immigrazione “drastiche”, come la negazione totale delle richieste d’asilo, considerate illegali e inapplicabili secondo i trattati Ue (il suo partito è da sempre alleato con la Lega di Matteo Salvini). Questa mossa ha precipitato i Paesi Bassi in un’elezione anticipata, in un contesto di crescente polarizzazione europea su immigrazione, costi abitativi e criminalità, temi centrali anche in Olanda.

Il New York Times descrive l’elezione come un “referendum su Wilders”, il cui partito aveva rivoluzionato il panorama politico nel 2023 con 37 seggi, ma non era mai riuscito a nominare un primo ministro a causa dell’opposizione degli altri leader. Il Financial Times sottolinea come, nonostante il PVV avesse nominato Dick Schoof – ex capo dell’intelligence senza affiliazione politica – come premier, il governo fosse stato segnato da dispute continue e da una totale inerzia, anche sui suoi cavalli di battaglia come la riduzione dell’immigrazione. Reuters aggiunge che Wilders, noto per la sua retorica anti-islamica, inclusa la proposta di tassare i veli e vietare il Corano, vive sotto costante protezione per minacce di morte, e la sua campagna si è concentrata su politiche estreme come il rimpatrio forzato dei rifugiati ucraini maschi e la sospensione dell’aiuto allo sviluppo per finanziare energia e sanità.

In questo quadro, come nota The Economist, l’ultimo dibattito televisivo del 28 ottobre ha cristallizzato le divisioni: Rob Jetten di D66 ha contrapposto il suo ottimismo a “vent’anni di amarezza e odio” di Wilders, in un’elezione dominata da proteste contro un governo “caotico” che non ha risolto nulla. Secondo gli exit poll di Ipsos I&O, citati da BBC e dal Financial Times, D66 è proiettato a ottenere 27 seggi, superando di misura il PVV di Wilders con 25 seggi – una perdita netta di 12 rispetto al 2023. Il New York Times conferma questa proiezione, notando che per D66 si tratta di un balzo di 18 seggi rispetto ai soli 9 del precedente voto, il miglior risultato nella sua storia quasi sessantennale.

Con il 50% dei voti scrutinati, scrive Reuters, la vittoria di D66 appare netta, scatenando cori di “Yes, we can” tra i sostenitori che sventolavano bandiere olandesi. Wilders ha ammesso la sconfitta su X, come riportato dal Guardian: “L’elettore ha parlato. Speravamo in un risultato diverso, ma abbiamo tenuto la schiena dritta. Siamo più combattivi che mai e restiamo il secondo partito, forse perfino il primo”. Tuttavia, BBC sottolinea che il PVV ha perso il sostegno di elettori moderati, passati ad altre formazioni, mentre The Economist precisa che il partito ha comunque ottenuto l’18% dei voti, il suo secondo miglior risultato storico, anche se Wilders ha condotto una campagna meno aggressiva dei rivali.

Il resto del panorama è frammentato: il centro-destra VVD di Dilan Yeşilgöz sale a 23 seggi, migliorando rispetto al precedente.I cristiano-democratici (CDA) ottengono un exploit con 19 seggi, quasi quadruplicando il risultato del 2023, facendo esultare il loro leader Henri Bontenbal in un’intervista citata da BBC. La coalizione di sinistra GreenLeft-Labour (GL/PvdA), invece, crolla a 20 seggi, perdendone 5, in un risultato deludente secondo il Guardian. Altre formazioni di destra estrema, come JA21 e Forum for Democracy, guadagnano terreno (11 seggi complessivi), assorbendo parte delle perdite del PVV, secondo il New York Times. In totale, 15 partiti su 27 superano la soglia dell’0,67% necessaria per un seggio, rendendo il sistema proporzionale olandese un mosaico complesso.

Rob Jetten, leader di D66, ha celebrato il risultato come uno “storico” trionfo contro il populismo, con parole riportate da Reuters: “Abbiamo dimostrato non solo all’Olanda, ma al mondo, che è possibile sconfiggere i movimenti populisti ed estremisti di destra”. Parlando a Leiden, città universitaria tra Amsterdam e L’Aia, Jetten ha promesso di “voltare pagina” sulla politica del “no, non si può”, focalizzandosi su alloggi, istruzione e immigrazione equilibrata, riferisce il Guardian. Temi cari alla sinistra liberal che stavolta è riuscita a fare breccia nell’elettorato dei Paesi Bassi.

La BBC descrive la sua campagna come “notevole”: da 12 seggi previsti settimane fa, Jetten – fotogenico 38enne, apparso perfino in un quiz TV – ha capitalizzato su dibattiti televisivi e interviste per emergere come figura unificante. Wilders, al contrario, ha espresso delusione ma non rimpianto per aver fatto cadere il governo, come riporta il Nyt: “Non mi pento della decisione, anche se abbiamo perso tanto”. Il Financial Times nota che, escluso da qualsiasi coalizione dai principali partiti mainstream, il suo periodo al potere sembra finito, almeno per ora. The Economist lo ritrae come un leader “bullish”, che giura di non mollare fino agli 80 anni.

A sinistra, il colpo è stato pesante: Frans Timmermans (foto), ex commissario europeo e leader di GL/PvdA, ha annunciato le dimissioni prendendo “piena responsabilità. È tempo di passare il testimone alla prossima generazione”, ha detto, promettendo “tempi migliori” nonostante la delusione.Una volontaria del blocco di sinistra, Wobke van der Kolk ha ammesso: “Aspettavamo di più, la destra è rimasta forte”.

Nessun partito raggiunge la maggioranza assoluta (76 seggi), e la formazione del governo – un processo che dura mesi in Olanda – inizierà con un “informateur” per sondare alleanze, come spiega Rem Korteweg del Clingendael Institute: “I risultati elettorali non sono la fine, ma l’inizio delle negoziazioni”. D66, con il suo profilo centrista, è visto come ponte tra destra e sinistra, secondo Simon Otjes dell’Università di Leiden, anche se il partito si è spostato leggermente a destra in campagna. Una coalizione possibile, delineata da Reuters e BBC, include D66 (27), VVD (23), CDA (19) e GL/PvdA (20), per un totale di 89 seggi. Tuttavia, il Financial Times avverte che Yeşilgöz della VVD ha escluso ripetutamente alleanze con la sinistra, preferendo un blocco di destra che potrebbe includere JA21 (9 seggi). The Economist suggerisce che Jetten potrebbe dover optare per partner più a destra se falliscono le intese naturali, mantenendo impegno su Nato, Ue e Ucraina. Janka Stoker dell’Università di Groningen, citata dal New York Times, definisce un voto per Wilders “sprecato”, dato l’embargo coalizionale, spingendo i centristi a unirsi.

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