“La parità tra sessi? Nel subconscio dell’uomo, nel suo codice genetico c’è una certa resistenza”: c’è da chiedersi che ne direbbe uno come Freud del pensiero un po’ psicologico, un po’ antropologico e un po’ darwiniano del ministro della Giustizia Carlo Nordio sulla violenza di genere. Del resto, né i misteri della mente umana, né il Dna sono ambiti di sua competenza, differentemente dal Diritto. Però il Guardasigilli ha voluto compiere una invasione di campo, prendendola ‘molto larga’ nel suo intervento odierno, in occasione della Conferenza internazionale contro il femminicidio, tema di stretta attualità.
Nella stressa circostanza, la ministra della famiglia Eugenia Roccella ha bocciato come inutile l’insegnamento dell’educazione sessuale come argine al dilagante e tragico fenomeno dei femminicidi. La ha messo in discussione l’educazione sessuo-affettiva, a partire da quella di cui potrebbero occuparsi le scuole. Se vediamo i Paesi dove da molti anni è un fatto assodato, come per esempio la Svezia – ha specificato – notiamo che non c’è correlazione con la diminuzione di femminicidi. La Svezia ha più violenze e più femminicidi”.
E questo, non parliamo poi di quello sessuale, dove fino a poco tempo fa, anche in Italia, la donna era considerata una res, o quasi”. “Figuratevi che quando mi sono laureato io, e l’uomo era già andato abbondantemente sulla luna- dice ancora Nordio-, esisteva ancora il delitto d’onore. Sapete cos’è il delitto d’onore? Praticamente era una scusante se l’uomo uccideva la donna nel momento in cui ne scopriva l’illegittima relazione carnale, cioè l’adulterio. Ma questo è stato abrogato, ripeto, negli anni ’80, inizio degli anni ’80. Quindi poco tempo fa”.
“Allora perché tutto questo?”, si domanda il ministro, “Che cosa ha comportato tutto questo? Ha comportato una sedimentazione proprio anche nella mentalità dell’uomo, intendo proprio del maschio, che è difficile da rimuovere, perché è una sedimentazione che si è formata in millenni di sopraffazione, di superiorità. E quindi anche se oggi l’uomo accetta e deve accettare questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio, il suo codice genetico trova sempre una certa resistenza“.
Dalla digressione darwiniana , il Guardasigilli torna poi nel suo campo: Ecco perché secondo me, continua infatti, “è necessario intervenire con le leggi, è necessario intervenire con le leggi penali, con la repressione, con la prevenzione, ma è soprattutto necessario intervenire sull’educazione”. Ma poi ‘ci ricasca’: “Cioè noi dobbiamo cercare di rimuovere, proprio come fanno gli psicologi, gli ipnotisti, gli psicanalisti- cita di nuovo i discendenti di Freud- quando trovano che tu hai una specie di tara mentale che deriva da un trauma adolescenziale e cercano di arrivare a quello, rimuoverlo e farti guarire, togliendolo. Ecco, noi dobbiamo cercare di rimuovere dalla mentalità del maschio, dei maschietti, questa sedimentazione millenaria di superiorità che si è tradotta proprio e continua a tradursi in questi atti di violenza che rappresentano una cosa molto semplice, che ci sono degli uomini che ancora non accettano questa situazione di parità e magari l’accettano da un punto di vista dialogante, formale, ma sotto sotto, dentro di sé, non l’hanno accettata”. Allora, “qualche volta- è la conclusione del ministro- si comportano magari forzatamente bene, poi di tanto in tanto la miccia accende la polvere da sparo e arriviamo alla violenza o addirittura al femminicidio”.
Non c’è da stupirsi che il tirare in ballo possibili origini freudiane, genetiche e ‘darwiniane’ della violenza di genere non sia proprio stato apprezzato da tutti, anzi tutte. Critiche alle parole del ministro da Chiara Appendino del M5S; “‘Violenza di genere nel codice genetico maschile’: dopo aver demolito la giustizia, garantito impunità ai soliti noti, liberato unstupratore di bambini e preso a modello Gelli, Nordio ci regala un’altra perla. La prossima sarà propagandare Lombroso? Se questo è un Ministro…”. Così sui social la deputata M5S Chiara Appendino.
“Le parole del ministro Nordio confermano, ancora una volta, quanto sia urgente abbandonare certi insopportabili stereotipi e idee distorte e ingannevoli. Ridurre millenni di oppressione femminile a una sorta di ‘legge del più forte’, a un presunto retaggio muscolare inscritto nel codice genetico degli uomini, significa banalizzare un fenomeno complesso e profondamente culturale. La violenza di genere non nasce esclusivamente dalla forza: nasce da rapporti di potere, da strutture sociali ingiuste, da un’asimmetria che la politica dovrebbe impegnarsi a correggere, non a giustificare con spiegazioni pseudo–darwiniane che sembrano uscite da un manuale d’altri tempi. Quello che serve non è la narrazione paternalistica del maschio che lotta con il proprio ‘subconscio’, ma un impegno serio e coerente dello Stato: investimenti nell’educazione al rispetto a scuola, sostegno ai centri antiviolenza, formazione adeguata per chi opera nella giustizia e nelle forze dell’ordine, politiche che liberino le donne dalla dipendenza economica. E soprattutto serve una classe dirigente capace di parlare con responsabilità. Perché minimizzare, semplificare o evocare stereotipi travestiti da analisi storica non aiuta a salvare vite, non aiuta le donne, non aiuta il Paese. La violenza si combatte con cultura, con risorse e con parole all’altezza del ruolo istituzionale che si ricopre. Parole che oggi, purtroppo, non abbiamo ascoltato”. Così Ilenia Malavasi, deputata del Pd.
“‘Violenza di genere nel codice genetico maschile’: dopo aver demolito la giustizia, garantito impunità ai soliti noti, liberato uno stupratore di bambini e preso a modello Gelli, Nordio ci regala un’altra perla. La prossima sarà propagandare Lombroso? Se questo è un Ministro…”. Così sui social la deputata M5S Chiara Appendino.
