Il Mondiale di calcio del prossimo anno negli Stati Uniti, in Messico e Canada parte con un personaggio, Donald Trump, che usa tutto il suo potere dominare la scena mettendosi in prima fila a tal puntoe da condizionare fianche la cerimonia dei sorteggi. Confidando nell’amicizia con il capo della Fifa, Infantino, Trump sta oscurando sia la presidente del Messico, sia il primo ministro canadese, come se la massima competizione del calcio fosse appannaggio solo della Casa Bianca. Molti osservatori pensano però male: avanza il sospetto che la rassegna mondiale possa essere condizionata sul campo anche da errori indotti da arbitri compiacenti e non all’altezza della situazione, vista anche la sfacciata propensione a confondere le carte del presidente statunitense. Massimo Jauss ci descrive con questo articolo su The Voice of New York il ruolo sempre più predominante che Trump sta assumendo, mettendo in secondo piano l’immagine degli altri due Paesi che ospiteranno il campionato del Mondo. Questi i gironi sorteggiati nella capitale Usa. L’Italia, se si qualificherà dopo i playoff contro Irlanda del Nord e la vincente tra Galles e Bosnia, è nel girone B con Canada, Svizzera e Qatar. A seguire l’articolo di Jauss.

di Massimo Jauss *
A Washington non si sorteggiano soltanto gironi, ma si misura un pezzo del potere globale. Il Mondiale del 2026, il primo a 48 squadre e il primo a mettere insieme tre Paesi ospitanti, promette numeri da record e un’estate di calcio diffuso dal Messico al Canada, passando per gli Stati Uniti che reclamano la scena come se fossero gli unici padroni di casa. E non è un caso che la cerimonia di sorteggio, al Kennedy Center a mezzogiorno, sembri costruita su misura per esaltare la figura che più di tutti vuole trasformare il Mondiale in uno spettacolo politico: Donald Trump. Oggi il presidente incontrerà la presidente del Messico Claudia Sheinbaum e il premier canadese Mark Carney, i due co-padroni di un torneo che lui considera parte della propria coreografia nazionale.
La FIFA parla di un evento per milioni di spettatori, ma l’atmosfera richiama più un comizio presidenziale che un rito sportivo. Andrea Bocelli, voce preferita da Trump fin dai giorni delle feste inaugurali, aprirà lo show; i Village People chiuderanno con “Y.M.C.A.”, colonna sonora diventata un segno identitario del presidente; e sul palco sfileranno le icone di tutti gli sport americani, da Tom Brady a Shaquille O’Neal, da Wayne Gretzky ad Aaron Judge. È lo spettacolo che Trump voleva, e lo avrà nel luogo simbolo della cultura americana, sotto le luci che lui stesso ha contribuito a orientare.
Gianni Infantino, maestro di cerimonia e alleato politico ormai dichiarato, gli consegnerà il nuovo “Premio per la Pace”, creato dalla FIFA appena un mese fa con una velocità che ha irritato più di un dirigente internazionale. Infantino ha più volte elogiato le “azioni decisive” di Trump sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas e, non potendo convincere Oslo a consegnargli un Nobel vero, ha inventato un premio che gli somiglia. Da Oslo nessuna apertura, ma da Zurigo, almeno per oggi, arriva un riconoscimento politico travestito da onorificenza sportiva.
La geopolitica scorre sotto la superficie di una cerimonia che dovrebbe parlare solo di pallone. L’incontro tra Trump e Sheinbaum sarà il primo dal vivo, in un momento in cui i rapporti tra Washington e Città del Messico oscillano tra necessità economica e tensioni sui confini. Mark Carney, alle prese con nuove frizioni commerciali con gli Stati Uniti, approda nella capitale con l’intenzione di sottrarre il Mondiale alla centrifuga politica americana, compito difficile in un contesto dove tutto, perfino il calcio, è letto come un capitolo della campagna permanente di Trump.
Il sorteggio resta pur sempre un sorteggio, e le urne hanno fatto il loro lavoro davanti a 42 squadre già qualificate e sei che arriveranno dai playoff di marzo. Messico, Canada e Stati Uniti partiranno dalle posizioni A1, B1 e D1, come da schema già fissato nel 2024. Le nazionali in testa al ranking, da Spagna ad Argentina, da Francia a Inghilterra, saranno distribuite in modo da evitare incroci troppo anticipati, mentre le regole della FIFA impediranno più di una squadra della stessa confederazione per girone, ad eccezione dell’Europa che potrà raddoppiare in due gruppi. L’Italia, se supererà i playoff, finirà nella quarta fascia, insieme alle altre ultime arrivate.
Intorno allo show ruotano anche problemi concreti. Le restrizioni migratorie imposte dall’amministrazione Trump a 19 Paesi, tra cui Iran e Haiti, rischiano di trasformarsi in un ostacolo per giocatori, dirigenti e tifosi. Teheran aveva minacciato il boicottaggio dopo il diniego dei visti a una delegazione, poi rientrato all’ultimo minuto con la conferma che il ct Ghalenoei sarà presente. Ma la questione resta aperta, mentre il Dipartimento di Stato prova a correre ai ripari con il nuovo “FIFA PASS”, creato per accelerare i colloqui consolari di chi ha già acquistato biglietti. Già un milione quelli venduti, e i ricavi per la FIFA potrebbero superare i dieci miliardi di dollari.
Washington vive questa giornata come un varco simbolico verso un 2026 che cadrà nel 250° anniversario dell’indipendenza americana, e Trump vuole che la narrazione sia tutta sua. Oggi, mentre le urne disegneranno il cammino verso la finale del 19 luglio al MetLife Stadium, il presidente userà la scena per ribadire che il Mondiale non è soltanto una festa globale, ma un palcoscenico nazionale che lui considera parte integrante del proprio secondo mandato. Il calcio farà la sua parte, il resto lo farà la politica, come sempre più accade quando Trump entra in una sala e il gioco, qualunque esso sia, si trasforma inevitabilmente in uno spettacolo di potere.
* The Voice of New York
