venerdì 24 Ottobre 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

BOLOGNA ROTTA E DISUMANA

di Piero Di Antonio

— Chi ha avuto la fortuna di vivere Bologna negli Anni Settanta resta allibito e sconcertato nell’assistere alla decadenza di una città un tempo accogliente e solidale, dove il pensiero e l’azione della politica e delle istituzioni erano anche rivolti agli ultimi, ai penultimi, ai giovani. Ne è la riprova lo shock provocato da due sfratti eseguiti giovedì alla maniera di Donald Trump con tanto di agenti antisommossa e sfondamento di pareti per allontanare i residenti che, disperati, si opponevano allo sgombero immediato. Quelle famiglie non italiane – non erano morose e con un figlio bisognoso di cure – sono state lasciate sole, e a nulla valgono i commenti del giorno dopo, ormai a babbo morto. Alle due famiglie erano state proposte soluzioni alternative inaccettabili, a 30 chilometri di distanza da Bologna.

IL VIDEO video che riprende lo sfondamento di un muro da parte degli agenti per accedere in uno dei due appartamenti.

Per carità, tutto nella legge, come se leggi però non possano più essere adeguate ai tempi, alle crisi indotte dal mercato e alle sofferte necessità che ne conseguono. Non si costruiscono più case per il popolo, parola ormai – secondo una pubblicistica in mano ai padroni del vapore – che si porta appresso riprovazione ed espressioni quasi di disgusto. Non più studentati per calmeriare gli affitti, ma università dominate da una burocrazia immobile, concentrate peroloppiù ad aumentare il numero di iscritti e avere di conseguenza più risorse dal governo. Andrebbero riformate perché fallimentari.

Quei due appartamenti sono destinati a un hotel, quindi all’affitto breve e di lusso, una forma moderna di accoglienza che, di converso, ha lasciato via libera alla speculazione più cinica ed escludente, in nome di una iniziativa privata che sembra la nuova Bibbia del terzo millennio, senza più controlli e senza lacci. Oggi, quando il fortunato proprietario di una stamberga o di un sottotetto, magari ereditati, pretende da uno studente un affitto eserbitante non si è più in un circolo virtuoso di accoglienza e di sana economia, ma in presenza di avidità allo stato puro, di rendita parassitaria, di assoluta noncuranza verso chi cerca solo di affrontare un futuro migliore e sceglie di vivere e studiare dove i padri hanno vissuto e studiato. Non è “reducismo”, ma la constatazione che Bologna si è rotta, si è disumanizzata. E’ precipitata nei modi violenti e sbrigativi con cui sempre più spesso vengono affrontate emergenze non più sostenibili. Bologna non era solo “sazia e disperata” come asserito da un luogo comune di stampo cardinalizio, ma culla della futura classe dirigente, soprattutto delle regioni svantaggiate, penso all’Abruzzo d’un tempo; Bologna città dei giovani che con l’allegria, l’entusiasmo dell’età e con lo studio fornivano al resto d’Italia l’immagine e una consistenza di freschezza, di accoglienza e di futuro. Che a ora tarda si riversavano a frotte nei cinema, o ad aspettare le prime edizioni dei giornali vicino alla stazione, oppure in quei locali oggi con ingombranti dehors e lavagnetta dei menù che di fatto hanno occupato, per dominarlo, il territorio nella frenetica caccia al cliente, al turista, al consumatore di spritz e mojito o taglieri di salumi e formaggi. Un popolo che mangia e che pensa poco alla comunità. Questo il pensiero che ti aggredisce camminando per la città delle Torri, di cui una malata.

Quella città ha perso la visione che la rendeva unica, irripetibile. Fenomeni oggi attuali e drammatici simili in tutto il Paese, ma Bologna poteva e doveva evitarli, poteva e può ancora contrapporre anticorpi a una deriva dilagante. La responsabilità non è solo nel governo. Non ne è esente parte della sua vecchia classe politica e amministrativa che anche negli Anni Settanta a guida democristiana era foriera di felici e innovative intuizioni sociali. Oggi si è rinchiusa nel bunker dei piccoli privilegi che la politica ha loro riservato e che, di fatto, ha reso molto flebile se non inesistente l’energia che andava trasmessa alle generazioni affluenti.

La politica arriva perciò il giorno dopo e non sfugge la criminalizzazione che della vicenda viene fatta contro gli attivisti dei centri sociali. Che la legge consenta l’esecuzione degli sfratti è pacifico, ma che qualsiasi azione debba essere connotata da una buona dose di umanità lo è altrettanto. Bologna si è rotta. Gli sfratti violenti non sono altro che l’altra faccia di una corsa alla modernità imposta dal sistema dominante ma che di moderno, in fin dei conti, ha ben poco. Non è il lamento del “si stava meglio in passato”, ma la ricerca di  risposte a domande immediate ed elementari: negli Anni Settanta e Ottanta si sarebbe verificata un’azione così decisa e violenta nei confronti di famiglie da sfrattare? E se non c’è soluzione o non la si cerca, bisogna per caso rassegnarsi al fatto che “la moneta cattiva a poco a poco abbia già scacciato la moneta buona”?

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LA CRONACA E LE REAZIONI (dalle agenzie di stampa)

Che cosa è successo a Bologna? Due sfratti eseguiti con la forza in via Michelino. L’intervento delle Forze dell’ordine ha permesso di eseguire gli sfratti dopo che gli attivisti di Plat si erano asserragliati insieme alle famiglie coinvolte (con figli) all’interno delle abitazioni: gli appartamenti sono destinati all’affitto breve, da leggersi abitazioni di lusso. I video riprendono lo sfondamento di un muro da parte degli agenti, da cui poi riescono ad accedere in uno dei due appartamenti.

Il racconto degli attivisti del Palt Intervento Sociale: “La Celere dopo aver sfondato la porta di un appartamento e cacciato la famiglia, butta letteralmente giù il muro dell’appartamento adiacente per cacciare l’altra famiglia”. Si punta il dito contro il governo e il Decreto Sicurezza. “Si parla tanto di sicurezza in questi mesi, ci chiediamo se questa possa essere sul serio una proposta convincente”. Ovvero: “Passeggini che volano sotto i colpi di manganello, bambini trascinati via di casa in lacrime, tra la polvere del cemento abbattuto e i manganelli della Celere”, descrivono l’accaduto. “Non esistono più norme, garanzie, umanità, nulla. È solo violenza cieca, sorrisi sadici nel vedere vite distrutte”. Poi il richiamo poi agli amministratori locali: “Dov’è la politica? Esiste ancora in questa città o le politiche abitative vengono prese solo in questura? In questa città la politica è stata mangiata dal profitto”.

Protesta anche la vicesindaca Emily Clancy. “Non vogliamo più assistere a scene come quelle a cui abbiamo visto, non si possono abbandonare persone e famiglie in difficoltà al proprio destino. Siamo di fronte, per crescenti fasce di popolazione, a una vera emergenza sulla quale servirebbe un intervento serio del governo, con investimenti per calmierare i prezzi del mercato e aumentare le soluzioni abitative”.  Sempre Clancy, intervistata questa mattina a Rainews24 spiega che le famiglie allontanate ieri non erano morose: “Sono lavoratori che pagavano ogni mese l’affitto” ma la loro permanenza negli appartamenti di via Michelino si scontrava con la volontà del nuovo proprietario di avviare un’attività di locazione B&b.

 

Di tutt’altro tenore la lettura di Fratelli d’Italia: secondo i meloniani, l’episodio di stamani “mette in luce la mancanza di interventi concreti del Comune sul tema dell’Erp. Alcuni membri dei centri sociali si sono barricati negli appartamenti che le Forze dell’ordine erano chiamate a liberare per uno sfratto legittimo”. Per Fdi, “non sono più accettabili situazioni di occupazione abusiva a Bologna, segnali di una tolleranza inaccettabile verso chi vìola la legge, creando poi una disparità non tollerabile verso chi ha diritto a una casa e segue le procedure previste per averla. La giunta di Lepore e Clancy continuano a non risolvere il problema, come dimostrano i 6.000 nuclei familiari in graduatoria Acer e le centinaia di immobili ancora sfitti. E la soluzione non può certo essere la legittimazione delle occupazioni”.

Il capogruppo della Lega Matteo Di Benedetto, da parte sua, chiede senza mezzi termini di “arrestare gli attivisti dei centri sociali”. La decisione di asserragliarsi all’interno delle abitazioni configura “interruzione di pubblico servizio”. “Chiediamo pubblicamente- afferma il leghista- che la legge venga rispettata e che questi soggetti dei centri sociali vengano arrestati per interruzione di pubblico servizio e resistenza a pubblico ufficiale. È intollerabile che continuino a esserci soggetti come questi che con la forza si impongono sulla legge. Devono rispondere delle loro azioni”.

Sul fronte del centrosinistra, si fanno sentire i consiglieri della lista Lepore Siid Negash e Giacomo Tarsitano: “Le violenza con la quale è stato realizzato questa mattina lo sfratto in via Michelino è spaventosa e inaccettabile”, affermano. “La sfrontatezza di chi specula e trasforma la città con il proprio potere economico va fronteggiata con urgenza a tutti i livelli di responsabilità politica e amministrativa. I muri di quella casa presto ospiteranno una struttura ricettiva di lusso, ma le lacrime di chi la abitava rimarranno tra quei mattoni”.

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