martedì 13 Maggio 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

“DISARMIAMO LE PAROLE”

L’udienza di Papa Leone XIV ai rappresentanti dei media ha offerto una prima immagine ‘operativa’ del nuovo pontefice che ha riconosciuto ai giornalisti e alla comunicazione un ruolo essenziale di fronte a tempi difficili da raccontare e dove la verità di informazione diventa cruciale.

Non è la prima volta che un Pontefice parla di libertà d’informazione, ma ha impressionato i circa 5.000 giornalisti presenti il fatto che sia diventata il centro del suo discorso.Ha molto colpito anche l’esordio con la solidarietà nei confronti dei giornalisti incarcerati, chiedendone la liberazione immediata. Sono stati ricordati anche coloro che raccontano le guerre a costo della vita “dimostrando coraggio – ha sottolineato – nel difendere la libertà e il diritto dei popoli a essere informati per poter esprimere scelte libere”.

Leone XIV si è inoltre raccomandato di promuovere una comunicazione che esca dalla “Torre di Babele” dei linguaggi senza amore, ideologici e faziosi. “La comunicazione – ha inteso precisare – non è solo informazione dei fatti, ma soprattutto creazione di cultura, di ambienti umani, di spazi anche digitali, dove confrontarsi, anche di fronte all’evoluzione della tecnologia e in particolare dell’Intelligenza Artificiale, che deve essere gestita con responsabilità e discernimento da parte di tutti”. Secondo papa Prevost, inoltre, la comunicazione deve essere disarmata dai pregiudizi, dall’odio, non deve essere muscolosa e fragorosa, ma deve essere coerente con la dignità umana, la giustizia, la povertà, e saper ascoltare. “Disarmiamo le parole – ha concluso – e contribuiremo a disarmare le guerre”.

Ha espresso poi un ringraziamento per l’assiduo lavoro che ha impegnato i giornalisti nella settimana Santa, il dolore per la scomparsa di papa Francesco e la cronaca del Conclave. Incontrandoli direttamente alla fine del discorso non ha mancato di scherzare e di essere disponibile a rilasciare qualche autografo, anche su una pallina da baseball.
Riguardo al tennis, che come è noto lui pratica, incalzato da una giornalista per organizzare una partita di beneficenza, il Papa ha replicato “basta che non porti Sinner”, chiosando sul doppio senso sia perché è il numero uno nel mondo, sia perché il cognome in inglese significa ‘peccatore’.

Nel corso degli incontri con i singoli giornalisti ha impressionato l’ovazione della sala per quello con Padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa e di Radio vaticana, con il quale il Papa si è particolarmente intrattenuto. Da rilevare che fra un anno scadranno i dirigenti della comunicazione vaticana e delle testate giornalistiche e secondo alcuni addetti ai lavori è probabile qualche new entry statunitense o del mondo anglosassone. (Primaonline.it)

IL DISCORSO INTEGRALE

Buongiorno! Good morning, and thank you for this wonderful reception! They say when they clap at the beginning it doesn’t matter much… If you are still awake at the end, and still want to applaud… Thank you very much!

Fratelli e sorelle!

Do il benvenuto a voi, rappresentanti dei media di tutto il mondo. Vi ringrazio per il lavoro che avete fatto e state facendo in questo tempo, che per la Chiesa è essenzialmente un tempo di Grazia.

Nel “Discorso della montagna” Gesù ha proclamato: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). Si tratta di una Beatitudine che ci sfida tutti e che vi riguarda da vicino, chiamando ciascuno all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla. La pace comincia da ognuno di noi: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra.

Permettetemi allora di ribadire oggi la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato di raccontare la verità, e con queste parole anche chiedere la liberazione di questi giornalisti incarcerati. La Chiesa riconosce in questi testimoni – penso a coloro che raccontano la guerra anche a costo della vita – il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere. La sofferenza di questi giornalisti imprigionati interpella la coscienza delle Nazioni e della comunità internazionale, richiamando tutti noi a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa.

Grazie, cari amici, per il vostro servizio alla verità. Voi siete stati a Roma in queste settimane per raccontare la Chiesa, la sua varietà e, insieme, la sua unità. Avete accompagnato i riti della Settimana Santa; avete poi raccontato il dolore per la morte di Papa Francesco, avvenuta però nella luce della Pasqua. Quella stessa fede pasquale ci ha introdotti nello spirito del Conclave, che vi ha visti particolarmente impegnati in giornate faticose; e, anche in questa occasione, siete riusciti a narrare la bellezza dell’amore di Cristo che ci unisce tutti e ci fa essere un unico popolo, guidato dal Buon Pastore.

Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare, che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire. Al contrario, essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia. Come ci ricorda Sant’Agostino, che diceva: «Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi» (Discorso 311).

Grazie, dunque, di quanto avete fatto per uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni, attraverso i quali leggiamo spesso la vita cristiana e la stessa vita della Chiesa. Grazie, perché siete riusciti a cogliere l’essenziale di quel che siamo, e a trasmetterlo con ogni mezzo al mondo intero.

Oggi, una delle sfide più importanti è quella di promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla “torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi. Perciò, il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è importante. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto. E guardando all’evoluzione tecnologica, questa missione diventa ancora più necessaria. Penso, in particolare, all’intelligenza artificiale col suo potenziale immenso, che richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità. E questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali.

Cari amici, impareremo con il tempo a conoscerci meglio. Abbiamo vissuto – possiamo dire insieme – giorni davvero speciali. Li abbiamo, li avete condivisi con ogni mezzo di comunicazione: la TV, la radio, il web, i social. Vorrei tanto che ognuno di noi potesse dire di essi che ci hanno svelato un pizzico del mistero della nostra umanità, e che ci hanno lasciato un desiderio di amore e di pace. Per questo ripeto a voi oggi l’invito fatto da Papa Francesco nel suo ultimo messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana.

Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace.

Grazie a tutti voi. Che Dio vi benedica!

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