Nella generale ipocrisia che accompagna la cosidetta Pace a uso e consumo della propaganda della Destra mondiale, si è levata stamani nell’incontro internazionale della Comunità di Sant’Egidio la voce di un cardinale, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, che senza giri di parole ha definito la ricostruzione di Gaza “un grande business, una bella torta da mangiare, ma che non sarà mangiata dal 99% della popolazione”
. La ricostruzione richiederà anni e non la faranno Kushner (il genero immobiliarista di Donal Trump, ndr) e Tony Blair (lo screditato ex primo ministro inglese, lobbista della Britich Petroleum, ndr). La faranno quelli che nel territorio, sporcandosi le mani, saranno capaci di mettersi in gioco e ricostruire quel tessuto, tessuto civile e umano che questa guerra ha distrutto”. Il cardinale Pizzaballa è intervenuto al forum “Una pace disarmata e disarmante”, nell’ambito dell’incontro internazionale della Comunità di Sant’Egidio dal titolo “Osare la pace”. Nella foto: Kushner con Netanyahu.
“Siamo all’inizio di una nuova fase, tutta ancora da costruire ed è forse ancora più difficile – ha detto il cardinale – Finché c’era la fase dell’emergenza, si viveva alla giornata. Adesso che non ci sono più le bombe, la gente è uscita dalle tane dove si trovava e vede di fronte a sé nulla e tanto odio”. Pizzaballa ha ricordato l’impegno preso dal cardinale Zuppi di “ricostruire un ospedale” e “non sarà semplice, ma ricostruire dalle macerie umane, dalla devastazione umana che questa guerra ha creato, richiederà energie ancora più faticose”.
“La gente è spaventata. Comincia a vedere che di fronte a sé c’è il nulla”. Per questo, ora più che mai è importante e “esserci”: “Essere presente sarà ancora più importante perché i media tra un po’ smetteranno di parlare di Gaza e il mondo smetterà di vedere Gaza. Le istituzioni politiche e religiose hanno mostrato il loro fallimento, quelle multilaterali, quelle nazionali, anche le nostre religiose – ha argomentato Pizzaballa – ma ho notato la vitalità delle istituzioni civili, organizzazioni, movimenti, volontariato, cristiani, ebrei, musulmani, israeliani, palestinesi. Se a Gaza non sono tutti morti di fame era perché queste istituzioni civili, sono state capaci, nonostante tutto, in maniera anche a prezzi importanti, a rompere questo cerchiamento ed essere presenti e portare quel poco, quel minimo che era necessario, con la loro presenza ma anche con le loro attività”.
“Quindi la mia speranza è questa”, ha concluso Pizzaballa: che “questa realtà civile possa essere la leadership politica della prossima generazione che sarà quella che potrà voltare pagina, non certo questa. Che possa essere quella che sia capace di portare un nuovo linguaggio, una nuova prospettiva dentro questo mare di odio, di violenza, di rifiuto e di disprezzo nel quale questa guerra ci ha calato e che ci sono esplose davanti. Non tutto è perduto perché ci sono ancora persone che tengono viva questo desiderio e finché ci saranno queste persone sarà possibile ricostruire qualcosa”.
Parole chiare, di grande acume, frutto di un’attenta osservazione della gravissima situazione nella Striscia, che toccano i punti cruciali dell’enorme questione che si presenta adesso davanti alla martoriata Palestina e che non sia soltanto il business miliardario: la ricostruzione.
FONTI: agenzia internazionali, AgenSir, Comunità di Sant’Egidio
