minacciano di provocare lo scioglimento del Parlamento e la conseguente caduta di Netanyahu se dovesse passare la mozione per limitare appunto l’esenzione dalla leva obbligatoria per gli studenti dei seminari. (Nella foto di repertorio, ebrei ultraortodossi si scontrano con la polizia durante una protesta contro la coscrizione militare – Ariel Schalit per Ap Photo)
Netanyahu appare in qaueste ore sotto scacco, stretto nella morsa di una coalizione di destra sempre più litigiosa e minacciato dallo spettro delle elezioni anticipate. L’opposizione israeliana metterà ai voti una mozione per lo scioglimento della Knesset, il parlamento. Anche se un eventuale voto non manderebbe subito a casa il governo – il percorso parlamentare potrebbe trascinarsi per mesi – il solo fatto che la mozione sia sul tavolo racconta però di un esecutivo in crisi profonda, logorato dalle sue stesse contraddizioni.
Al centro della tempesta, ancora una volta, la spinosa questione dell’esenzione dal servizio militare per gli ultraortodossi, un’anomalia israeliana vecchia da decenni, diventata politicamente esplosiva dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre e la guerra a Gaza. Ora l’alleanza di governo tra i partiti religiosi (Shas e United Torah Judaism) e il Likud rischia di saltare: entrambi i partner minacciano di votare con l’opposizione se dovessero passare proposte per limitare le esenzioni. E’ quanto racconta il New York Times.
I numeri dicono che bastano 18 seggi – quelli dei due partiti ultra-ortodossi capeggiati dai ministri di estrema destra Smotrich e Ben Gvir – per ribaltare la maggioranza di 68 su 120 di cui gode Netanyahu. Se la defezione si concretizzasse, la mozione per lo scioglimento della Knesset avrebbe buone probabilità di passare, innescando un processo lungo ma potenzialmente letale per la tenuta del governo.
Gli avversari del premier, pur favorevoli a una riforma sulla coscrizione, puntano dritti al bersaglio grosso: far cadere Netanyahu e riportare il Paese al voto con i sondaggi che danno perdente il primo ministro della guerra a Gaza. Un’occasione d’oro, dicono, per archiviare il governo più a destra e religiosamente conservatore della storia israeliana, in carica dal 2022 e blindato, in teoria, fino all’autunno del 2026.