venerdì 30 Maggio 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

LA CAMPANA SUONA PER NOI

AGGIORNAMENTO. Nella scontro senza precedenti tra il presidente Trump e l’università di Harvard, un giudice ha ordinato lo stop temporaneo del divieto di iscrizione degli studenti stranieri. E’ stata  accolta la mozione dell’ateneo dell’Ivy League che si è appellato al primo emendamento.

di Piero Di Antonio

— In apparenza, ma a beneficio degli ingenui elettori che bevono qualsiasi sciocchezza venga loro propinata,  il giro di vite illegale di Trump sul mondo accademico americano viene spacciato come una reazione a immaginarie posizioni antisemite degli studenti. In gruppo, almeno così la raccontano i cantori del nuovo maccartismo, avrebbero impedito agli studenti ebrei di vivere liberamente negli spazi del campus, perseguitandoli durante le proteste studentesche contro l’occupazione e la guerra di Israele a Gaza.

A ben vedere, le cose non stanno proprio in questo modo. Sembra quasi  l’occasione per la Destra e per i fanatici evangelici rintanati nella Casa Bianca, di dare sfogo ai nuovi sentimenti che riafforano, giorno dopo giorno, dal profondo dell’America, in passato abituata a sopperire alle crisi del sistema esportando guerre con il suo gigantesco apparato militare e predominanza economica con il suo formidabile sistema tecnologico incarnato dalle Big Tech miliardarie, invasive, ciniche.

Un tempo ci descrivevano l’etica protestante e lo spirito del capitalismo immortalato da Max Weber, oggi si dispiegano vittimismo e menzogne come sottofondo della comunicazione pubblica. Sempre a vantaggio degli ingenui, del cosiddetto popolo MAGA, illuso di tornare grande, di riappropriarsi di una dimensione economica e politica, appannaggio, invece, della ristrettissima classe di miliardari. Costoro hanno saputo sfruttare una materia prima disponibile in abbondanza e a buon mercato con cui hanno saputo costruire i loro imperi: noi, i cittadini del mondo.

Il narcisismo, la voglia di apparire e il godimento dei quindici minuti di notorietà che prima o poi spettano a tutti senza che vengano richieste armi di difesa, culturali ed etiche, sono stati il cemento che hanno consentito alla sparuta ma potente cerchia del nuovo potere di proclamare  “la battaglia è vinta”. L’invasione tecnologica ha dato su tutti i fronti gli esiti sperati e programmati.

Il nuovo affondo dell’estrema Destra americana contro il mondo accademico – con l’università di Harvard che si è vista revocare la certificazione federale necessaria per accogliere studenti internazionali – non è cosa dei giorni nostri. Ha scavato da decenni la società americana oggi affascinata dal racconto, alquanto vittimista, dell’elegia americana che ha in Vance il suo amanuense oltre che numero due della cricca.

La decisione, annunciata dalla segretaria alla Sicurezza Interna Kristi Noem, ha bloccato da subito l’accesso all’università di migliaia di giovani provenienti dall’estero. Il sogno americano si è infranto contro la realtà imposta dalla mediocrità e dall’invidia sociale che hanno animato i bifolchi della cintura della ruggine, che tanto affascinano i rampini di casa nostra. E’ la rivincita delle periferie, con il prologo tutto europeo della Brexit. Come se i luogi  prodotti dalla gentrificazione fossero gli innocenti custodi della verità  e non la conseguenza delle politiche di esclusione da sempre attuate dai ceti dominanti.

Ha scritto e detto la segretaria alla Sicurezza, tra sciocchezze e incomprensibili farfugliamenti: “Harvard ha violato la legge federale e creato un ambiente insicuro sul campus”. Il provvedimento che ne consegue riguarda il programma statunitense per studenti e visitatori di scambio, che consente agli istituti accreditati di accogliere studenti non americani. L’università, palesemente intimidita dall’aggressività trumpiana,  ha definito la revoca “illegale”, ma al momento non ha commentato. Nell’anno accademico passato più di 6.800 studenti stranieri risultavano iscritti a Harvard, pari a più di un quarto del corpo studentesco. Ora rischiano di perdere il loro status legale se non trovano subito un altro ateneo.

Una domanda: può la Casa Bianca fare tutto questo? La risposta è: sì, può. Il governo ha un enorme potere su chi entra negli Stati Uniti e chi no, ci ha spiegato di recente il New York Times. Per college e università, il Dipartimento della Sicurezza Interna dispone di un vasto sistema per gestire e monitorare in qualsiasi momento le iscrizioni delle centinaia di migliaia di studenti internazionali che studiano in tutto il Paese. Le università hanno bisogno di una certificazione governativa per utilizzare il database noto come Sevis, che sta per Student and Exchange Visitor Information System. Ed è proprio questa la vulnerabilità. In pratica Harvard inserisce i dati degli studenti stranieri nel Sevis per dimostrare che lo studente è iscritto a tempo pieno e quindi soddisfa i termini del visto che gli viene rilasciato. Per paradosso, oggi gli studenti possono ancora avere visti validi, ma l’ateneo non è più in grado di registrarli.

Una strategia del genere, si converrà, non la si mette in pratica dall’oggi al domani. Era da sempre nel cuore della Destra suprematista. Nel primo mandato alla Casa Bianca, Trump aveva agito con troppa lentezza, appena rieletto, incalzato dai fanatici della tecnologia e della religione, ha accelerato e non passa giorno senza un suo controverso e teatrale ordine esecutivo. Ma il tutto è segno di un qualcosa di non detto, ma ben visibile che sta passando in secondo piano: lo specchio ci rimanda l’immagine di un Paese in crisi profonda, declinante, che ha sparato quasi tutte le sue cartucce e che tira avanti con un gruppetto di tecno-fascisti destinato a essere, se non lo è già, il vero padrone del Paese e per estensione di gran parte del mondo.

Alla faccia degli illusi del MAGA, imbottiti di superficiale e dogmatica retorica suprematista, e, per dirla tutta, di crassa ignoranza. Pensano, costoro, di tornare alle origini e non si accorgono di legarsi mani e piedi a personaggi che mal sopportano il mondo della libertà e della condivisione, degli scambi e della base della civiltà che non è la forza, ma la cultura e lo studio con cui fronteggiare qualsiasi pericolo. E che dà il coraggio della ribellione. Gli attori nella nuova rappresentazione politica si chiamano Trump, Farage in Gran Bretagna, Orban in Ungheria, Putin in Russia, Meloni in Italia, Georgescu in Romania, Alice Weidel in Germania. Un red carpet di potenti che in realtà detestano i liberal, accusandoli di chissà quali nefandezze. Mal sopportano, prigionieri dei loro pregiudizi,  la cultura, il bilanciamento dei poteri, i pesi  e contrappesi, i controlli che la democrazia impone affinché possa restare tale.

Il nuovo maccartismo ci dice tutto questo, e ci dice anche che i sinceri progressisti non hanno saputo erigere un muro di credibilità contro tali derive che prima o poi travolgeranno anche noi europei. Un anziano e cocciuto senatore, Bernie Sanders, e una giovane ex barista di New York oggi deputata, Alexandria Ocasio-Cortez, stanno contestando il nuovo potere nelle piazze delle grandi città degli Stati Uniti, riempiendole. Agiscono. Hanno compreso che il maccartismo oggi colpisce le università, domani l’intera società. L’oligarchia avrà in questo modo le mani libere di fare e disfare, di dire “tu sì, tu no”.  Hanno capito, i due democratici, per chi sta suonando la campana.

Noi europei, è lecito chiedersi, riusciamo a sentire i rintocchi che arrivano da oltre Atlantico? O abbiamo già dimenticato e messo da parte le continue raccomandazioni dei nostri padri e delle nostre madri per affrancarsi da situazione precarie e disagevoli: “Studia, figlio mio, studia…”. Per come l’emergente potere di casa nostra sta trattando il mondo della scuola e delle università, sembra proprio di sì. E così avanza la generazione dell’oblio, ideale per il dominio dei nuovi padroni dell’America, per ora, dell’Europa e dell’Italia, tra non molto.

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