Azionò il telecomando della strage di Capaci, uccise il piccolo Giuseppe Di Matteo sciogliendolo nell’acido, si è pentito e ha confessato di aver preso parte a ben 150 omicidi di mafia. Giovanni Brusca è un uomo libero. Dopo aver scontato 25 anni di carcere e quattro anni di libertà vigilata, si sono conclusi anche gli ultimi obblighi di legge. Da alcuni giorni, il boss mafioso non ha più vincoli orari né l’obbligo di firma: ha finito di scontare la sua pena.
Noto come il “macellaio” di San Giuseppe Jato, era stato arrestato nel 1996 e si era pentito l’anno seguente. La sua collaborazione con la giustizia, pur contestata da molti, è stata ritenuta determinante per ricostruire decenni di omicidi e dinamiche interne a Cosa nostra, ottenendo così i benefici previsti dalla legge sui collaboratori di giustizia, voluta dallo stesso giudice Giovanni Falcone che aveva ucciso.
Brusca è stato ritenuto il mandante dell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un collaboratore di giustizia, rapito a 13 anni, tenuto in ostaggio per mesi e poi ucciso e sciolto nell’acido.
Brusca, oggi, vive sotto protezione e lontano dai riflettori. Ha detto di voler proseguire, anche da uomo libero, il suo impegno contro la mafia. Ma per molti, quella libertà pesa ancora come un’ingiustizia.