di Sara Di Antonio

La bellezza, che non salverà assolutamente il mondo dalla sua crudeltà e dalla piccineria, ma che ci consola proprio dai suoi mali, aiutandoci a vivere, o a sopravvivere, dipende. L’eleganza, che non è solo dei luoghi o degli abiti, ma che è anche un’educazione che noi italiani da tempo abbiamo perso, nelle nostre città sempre più sporche e grossolane.
L’abbondanza di buon cibo, proveniente da ogni parte del mondo, e di quello autenticamente francese, che si fa ricordare, con il suo burro, le sue salse, il suo vino. Tutto morbido e seducente al palato.
E le due, che da tempo non facevano una vacanza solo con la madre, impersonificano, a turno o simultaneamente, la figlia consapevole, la viaggiatrice, la matura, la capricciosa, l’antipatica, l’indemoniata e la saggia, alternando attenzione, a volte persino affetto, a una distaccata e infastidita apatia.
Temono tuttavia l’altro fondamentale: l’arroganza dei francesi e in particolare dei parigini, che ti bistrattano persino se sai molto bene la lingua, per cui, intimidite (finalmente!) mi mandano avanti negli acquisti. Poi si emozionano davanti alle ninfee così perfette, ne capiscono il senso e il ritmo, il bisogno di silenzio che ne deriva.
In seguito, siedono sicure affondando nelle belle sedie verdi messe a disposizione nei giardini delle Tuileries, (impensabile una cosa analoga in Italia!) e addirittura tirano fuori un libro.
Sono queste le meraviglie di Parigi: un luogo in cui su tocca con mano, in maniera gentile e ferma, il significato di civiltà.