martedì 1 Luglio 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

SAPER DIRE DI NO

di Paolo Boldrini *
Due notizie simili nell’arco di pochi giorni mi hanno fatto riflettere. Parlo delle dimissioni dei direttori di due quotidiani locali, Mirco Marchiodi dell’Alto Adige e Cristiano Meoni del Tirreno. Il primo non lo conosco, ma sono amico di chi ricopriva quel ruolo prima di lui, Alberto Faustini. A fine 2009 l’ho sostituito alla direzione della Nuova Ferrara mentre lui, dopo neanche un anno, fu rimandato nella sua Trento.  Aveva appena trasferito la famiglia, cambiato scuola alle figlie, avendo avuto ampie garanzie che sarebbe rimasto in Emilia per alcuni anni almeno. Infatti. Eravamo nel Gruppo Finegil Espresso, ricco di grandi professionisti, ma con un’inquietudine di fondo mai guarita.
Dopo cessioni di testate e giri vari Alberto approdò all’Alto Adige e l’anno scorso, quando lo lasciò, scrisse un editoriale da incorniciare. “Mi ero illuso che fosse per sempre”, riferito al suo rapporto con il giornale. Marchiodi ha lasciato per motivi personali, una formula che usiamo per metterci al riparo. Vuol dire tutto e niente. Disaccordi con l’editore? Chissà.
Conosco bene invece Cristiano Meoni per aver lavorato al Tirreno. Uno che ha girato tante redazioni prima di diventare vicedirettore e poi direttore, il quarto che il giornale cambia in 4 anni, da quando da Finegil è passato in Sae. Io l’ho conosciuto quando era vicedirettore e mi colpì il suo messaggio quando arrivai in Toscana. “Ricorda che qui hai tanti amici”. A distanza di anni posso dire che è la verità. In un momento difficile, quando mi trovai senza un alloggio e vittima di una truffa, mi offrì ospitalità a casa sua. Lo ringraziai, mai andai in albergo. La generosità però non si dimentica.
Il Tirreno è una grande famiglia, malgrado tutto, ma anche il giornale più complicato che io abbia mai incontrato, spesso mi pareva fatto al contrario. Sono uscito tante sere con il mal di testa chiedendomi perché ci allarghiamo con il nazionale e tagliamo le pagine locali che sono il nostro pane? Non ho trovato risposta. In cinque anni ho visto al timone Fabrizio Brancoli, persona squisita, Stefano Tamburini che mi ha offerto un contratto da vice caporedattore quando a 60 anni mi sono trovato a spasso (grazie sempre), Luciano Tancredi, Cristiano Marcacci che mi fu mandato in aiuto quando a Ferrara siamo stati terremotati, Cristiano Meoni e poi ancora Cristiano Marcacci.
Per inquadrare il problema aggiungo che un dirigente di Sae, appena arrivato a Livorno, mi chiese un consiglio sull’organizzazione del giornale vista la mia esperienza da direttore. Passai una notte a pensarci e all’indomani gli presentai un piano editoriale che mi pareva sensato. Mi ringraziò molto, salvo fare l’esatto contrario.
Meoni si è dimesso per motivi personali. In ballo ci sono nuovi tagli, la chiusura della redazione di Viareggio, la cassa integrazione e tanto altro. Chissà quale è stata la molla.
Anch’io due anni fa mi sono dimesso da direttore del Corriere Romagna per motivi personali e posso capire i colleghi. Colgo l’occasione per ribadire che bisogna saper dire di no, a chiunque, editori compresi, quando invadono il terreno altrui.
Assistiamo a una trasformazione del nostro mondo con direttori chiamati a fare solo gli esecutori di ordini, più uomini di marketing che giornalisti, ad amplificare a dismisura gli eventi che interessano ai padroni, a diventare bastoni per colpire gli avversari politici dei propri editori e a lisciare il pelo ai loro compagni di merende. Uno scadimento della professione preoccupante che dovrebbe aprire una seria riflessione nella nostra categoria.
Ai colleghi dimissionari tutta la mia comprensione, nella speranza che ci sia uno scatto di orgoglio nelle redazioni per difendere le notizie e non le marchette.
PS. Ho conosciuto due tipi di direttori: i cazzoni e i lavoratori. I primi si danno un sacco di arie, non conoscono il sistema editoriale, frequentano salotti e talk show ma non sanno nemmeno cosa esce nelle pagine. I secondi vivono il ruolo con grande responsabilità e sono gli ultimi ad abbandonare la nave alla deriva. Capitani coraggiosi. Per motivi personali e per passione. Scomodi per natura.
*****
* Paolo Boldrini ha diretto tra gli altri la Gazzetta di Mantova, finito in mano alla Confindustria. Fece molto rumore la sua brusca e inattesa sostituzione alla guida del giornale più antico d’Italia da parte della Gedi di John Elkann, che in pochi mesi è riuscito a sbaraccare un gruppo editoriale di prim’ordine e oggi felicemente approdato alla corte di Donald Trump.

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