Il salario minimo vede la strenua opposizione della Destra, ma quando si tratta di “adeguare” il proprio stipendio tutto scorre liscio. Stavolta però l’aumento da 250mila a 310mila euro dello stipendio dell’ex ministro Renato Brunetta (Forza Italia) come presidente del CNEL sta suscitando un coro di disapprovazione anche nella maggioranza di governo. Giorgia Meloni, secondo alcune fonti, non è affatto contenta dell’auto-aumento di 60mila euro in un colpo solo deciso dall’ex ministro, a parole censore della pubblica amministrazione, anzi sarebbe irritata giudicando il tutto “non consivisibile e inopportuno”.
Anche l’opposizione è su tutte le furie con il Pd che grida allo “schiaffo ai lavoratori”, Ha fatto arrabbiare proprio tutti e sta suscitanto molto scalpore. Il compenso a Brunetta è stato possibile grazie alla sentenza della Corte Costituzionale che ha abolito il tetto dei 240mila euro annui per i dirigenti pubblici.
Dal canto suo il Cnel spiega con un bizantimismo che non si tratterebbe di un aumento ma di un “adeguamento” successivo alla sentenza della Corte costituzionale. E rivendica l’accaduto come “assoluta regolarità e legittimità. Il Cnel “si è limitato a dare doverosa applicazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 135 del 9 luglio 2025, che ha ripristinato a decorrere dal 1° agosto u.s. il tetto retributivo dei 311.658,53 euro”.
Anche la Lega, intanto, è andata su tutte le furie. Con la deputata Tiziana Nisini che annuncia un’interrogazione e chiede di tornare indietro sulla cosa. “Gli aumenti in piena autonomia degli stipendi al Cnel, a partire dal presidente Renato Brunetta, sono da riconsiderare. Presenteremo un’interrogazione e una norma in Finanziaria che vada nella direzione inversa”, dice Nisini.
