giovedì 27 Novembre 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

VIOLENZA SULLE DONNE / Una giornata per ricordare il brutale assassinio di tre coraggiose “farfalle”

Oggi, 25 novembre, è la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Una data che vuole eliminare violenza e soprusi, fenomeni presenti in tutto il mondo, frutto di una cultura maschilista molto diffusa. La data non è stata scelta a caso. Fu ufficializzata dall’Onu nel 1999 per ricordare il brutale assassinio avvenuto il 25 novembre di 65 anni fa nella Repubblica Dominicana, a quel tempo oppressa da Trujillo, di tre sorelle, oppositrici del regime dittatoriale, che furono torturate, massacrate e strangolate dai sicari del dittatore. I loro corpi vennero poi gettati un dirupo per simulare un incidente, ma nessuno dette credito a questa versione.

L’indignazione per la loro uccisione pose l’attenzione del mondo sul regime dominicano e sulla sua cultura machista. Trujillo fu ucciso e il regime cadde pochi mesi dopo l’assassinio delle sorelle Mirabal, soprannominate mariposas (farfalle).  L’unica sorella sopravvissuta, perché non impegnata attivamente, Belgica Adele, si è occupata dei sei nipoti e nel ricordare al mondo il sacrificio delle sue tre sorelle. Anche Save The Children ci ricorda oggi  l’attivismo e soprattutto il coraggio di Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal, tre donne che hanno combattuto per la libertà del loro Paese.

Durante gli anni Quaranta e Cinquanta, la Repubblica Dominicana era stretta nella morsa della dittatura del generale Trujilo. Le sorelle Mirabal decisero di denunciare gli orrori della dittatura. Ma il 25 novembre le tre “farfalle” furono torturate e uccise. L’indignazione per la loro morte, che nessuno credette accidentale, sollevò un moto di orrore sia in patria, sia all’estero, ponendo l’attenzione sul regime dominicano e sulla cultura machista che non tollerava di riconoscere alle donne l’occupazione di uno spazio pubblico e politico. Pochi mesi dopo Trujillo fu ucciso e il suo regime cadde.  Così, in occasione di questa triste ricorrenza ogni 25 novembre apre un periodo di 16 giorni dedicati all’attivismo contro la violenza di genere che si conclude il 10 dicembre con la Giornata Internazionale dei diritti Umani.

I DUE SIMBOLI: SCARPE E PANCHINE ROSSE

Da diversi anni, i simboli contro la violenza sulle donne, sono le scarpe e le panchine rosse. Le scarpe rosse rappresentano la battaglia contro i maltrattamenti e femminicidi. La loro storia nasce in Messico, a Ciudad Juárez, città nota per il numero sconcertante dei femminicidi avvenuti negli ultimi vent’anni. Un’artista messicana, Elina Chauvet (nella foto), per ricordare le donne vittime di violenza, compresa la sorella assassinata dal marito a soli vent’anni, che nel 2009 posizionò in una piazza della città 33 paia di scarpe femminili, tutte rosse.

Il colore rosso è stato adottato per simboleggiare in maniera più ampia il contrasto alla violenza di genere, in particolare con le panchine, luogo simbolico attorno al quale raccogliersi per riflettere. La panchina rossa oggi viene utilizzata per dire no alla violenza, e nello specifico alla violenza domestica, per sottolineare come la violenza sulle donne avviene anche in contesti comunitari e familiari.

La ricorrenza è l’occasione per ricordare anche come liberarsi della violenza domestica, purtroppo molto diffusa. Per quanto drammatica e senza vie d’uscita la situazione possa sembrare, è possibile liberarsi della violenza. Qual è il modo più corretto per sostenerla? Ecco alcuni consigli di Save The Children.

EDUCARE ALLA NON VIOLENZA

La violenza psicologica è una delle numerose forme che si può manifestare in una coppia, da parte di un partner intimo. È sempre presente, come minimo comune denominatore, insieme alle altre (violenza fisica, economica, sessuale) ma può anche manifestarsi singolarmente. Si tratta di un fenomeno che riguarda in gran parte dei casi di violenza degli uomini sulle donne.

Affrontare, quindi, con bambini, bambine e adolescenti i temi dell’educazione al rispetto, fornendo la possibilità di sperimentare un ambiente accogliente e non giudicante, consentirà loro di procedere verso una destrutturazione dei ruoli e delle relazioni basate su stereotipi. Tutto ciò previene la formazione di comportamenti discriminatori ed è fondamentale per la formazione dei più piccoli.

La violenza assistita è una forma di maltrattamento del minore compiuta da un membro della famiglia su un altro. La cura, il dialogo, l’affettività sono tratti distintivi di un buon ambiente famigliare. Purtroppo, però, questo equilibrio viene a mancare e le famiglie si trasformano in luoghi insicuri dove i comportamenti violenti degli uomini nei confronti di madri e figli compromettono la salute fisica e mentale di entrambi. In Italia, educare all’affettività, che vuol dire anche educare alle differenze di genere, non piace al nostro ministro dell’istruzione Valditara.

Invece, uno dei più importanti psicologi dell’età infantile, Jean Piaget, teorico dello sviluppo cognitivo dei bambini, considera essenziale ai fini dell’apprendimento l’interazione fra lo sviluppo dell’affettività e quello delle funzioni intellettuali già dal periodo preverbale. Il primo gruppo sociale del bambino è la famigliapoi ci sarà l’asilo nido e/o la scuola dell’infanzia. L’apprendimento avviene sempre all’interno di una relazione. Il bambino, in quanto “essere sociale”, già dai primi mesi di vita comincia a sviluppare competenze interpersonalidecifrare segnali sociali ed emozionali, ascoltare, mettersi dal punto di vista dell’altro, capire quale comportamento sia accettabile in una situazione.

Se pensiamo all’organizzazione del nostro sistema scolastico, l’apprendimento avviene all’interno delle classi, composte dall’insegnante e dagli studenti pari d’età, ognuno portatore della propria unicità. Lavorare con il gruppo e sul gruppo per sviluppare e apprendere un “alfabeto emotivo” è la grande sfida della scuola italiana che non riguarda una disciplina specifica, ma le interessa tutte.

L’intelligenza emotiva, secondo lo psicologo statunitense Goleman, inoltre, è costituita da precise abilità quali l’autoconsapevolezza, la capacità di identificare, esprimere e controllare i sentimenti, la capacità di frenare gli impulsi e rimandare la gratificazione, la capacità di controllare la tensione e l’ansia. Prevedere momenti in cui bambini e ragazzi possono condividere emozioni e stati d’animo crea rispetto e fiducia nell’altro che accoglie. Diventano occasioni importanti per de-costruire vecchi e nuovi stereotipi e conoscere e valorizzare le differenze.

Educare all’affettività vuol dire anche educare alle differenze di genere. Il genere è un particolare costrutto sociale in cui si intersecano elementi biologici (i corpi sono differenti), psicologici (le identità, le personalità), culturali e storici (la peculiare declinazione di femminilità e mascolinità che ciascuno apprende e la sua evoluzione nel tempo). Il riconoscimento delle differenze di genere può produrre un’apertura sulle differenze e sulla capacità relazionale che è anche capacità di convivenza.

PARTIRE DALL’EDUCAZIONE SOCIO AFFETTIVA

Tre le attività di educazione socio affettiva.  Il “tempo del cerchio”, o circle time”, è lo strumento principale dell’educazione socioaffettiva che aiuta a facilitare la conoscenza reciproca e la comunicazione, a stabilire un clima di classe favorevole, stimolare l’assunzione di responsabilità, valorizzare le risorse e le differenze individuali, educare all’uguaglianza e alle pari opportunità di genere.

Non più banchi a schiera ma sedie in cerchio; non più valutazione di una prestazione a livello cognitivo, ma ascolto. La comunicazione avviene secondo regole condivise, finalizzate a promuovere l’ascolto attivo e la partecipazione di tutti. Alcuni temi da affrontare potrebbero riguardare: i giochi preferiti (riflessione sugli stereotipi legati all’identità di genere nel gioco), la propria storia famigliare (riflessione sui cambiamenti nelle differenti generazioni della rappresentazione dei ruoli maschile e femminile), come mi immagino da grande (riflessione sui mestieri considerati da uomo e da donna). Prima di concludere il circle time, è fondamentale che l’insegnante faccia una restituzione dei contenuti emersi, mettendo in evidenza gli elementi importanti e valorizzando i vissuti emotivi di ciascuno rispetto all’attività svolta.

Le bambine e i bambini hanno a disposizione un foglio sul quale elaborare la propria carta d’identità, disegnando il volto e specificando alcune informazioni: nome, cognome, mi chiamano così, mi piacerebbe chiamarmi così, età, interessi, scelgo un animale, scelgo un vegetale, il mio colore preferito ecc.

Che emozione! Al termine del lavoro individuale, ci si mette in cerchio e si possono proporre due varianti: ogni bambino si presenta mostrando la sua carta identità oppure si mescolano le carte, ognuno ne prende una a caso e la racconta al gruppo classe. I bambini sono disposti in cerchio. In una scatola l’insegnante predispone dei cartoncini, ognuno dei quali riporta un’emozione diversa. Ogni bambino dovrà pescare un bigliettino e raccontare al gruppo un episodio in cui gli è capitato di provare quell’emozione. Se dopo qualche istante allo studente non viene in mente nulla o mostra qualche segno di imbarazzo, gli si chiederà di riferire qualche vicenda accaduta ad un amico. Dopo si sceglieranno alcuni episodi riferiti e si chiederà se tutti si sarebbero sentiti così in quella circostanza o se qualcuno avrebbe potuto provare emozioni diverse. Far vivere esperienze di questo tipo, significa porre il bambino o la bambina nelle condizioni di conoscere più intimamente gli altri e di farsi conoscere, ma soprattutto di migliorare le capacità socio-relazionali che sono alla base di ogni autentica conoscenza.

È necessario quindi fornire agli adolescenti gli strumenti di base per aiutarli a camminare tra complessità emotive, sociali e culturali. Strumenti in grado di affrontare il tema della sessualità e dell’affettività in maniera olistica, trattando argomenti come consenso, rispetto, benessere, interazioni sicure nel mondo digitale, prevenzione della violenza e delle discriminazioni, salute sessuale.

FONTI: Save The Children, Organizzazioni Nazioni Unite, Jean Piaget, Repubblica Domenicana, Agenzie di stampa

 

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