Donald Trump ha annunciato a partire dal 9 giugno il divieto di ingresso su territorio Usa per le persone provenienti da 12 Paesi per “proteggere la sicurezza nazionale”. Si tratta perloppiù di cittadini di Paesi africani e mediorientali: Afghanistan, Myanmar, Ciad, Repubblica democratica del Congo, Guinea Equatoriale, Eritrea, Iran, Libia, Somalia, Sudan, e Yemen. Ma alla lista si aggiunge anche Haiti, la tormentata isola delle Antille. Annunciato poi uno stop parziale ai cittadini che provengono da Burundi, Sierra Leone, Togo (Africa), Turkmenistan, Laos, e nel continente americano, da Venezuela e Cuba.
Con un videomessaggio registrato dallo Studio Ovale, Trump ha fatto riferimento all’attentato dello scorso weekend a Boulder, Colorado, dove Mohamed Sabry Soliman è accusato di essersi scagliato con bottiglie incendiarie contro una manifestazione in favore degli ostaggi israeliani, ferendo 12 persone. Soliman è un cittadino egiziano entrato in Usa nel 2022 con un visto poi scaduto. Nel frattempo le autorità sull’immigrazione hanno arrestato sua moglie e i suoi 5 figli. Nuovi Paesi potranno essere aggiunti al bando “man mano che emergono minacce in tutto il mondo”.
Critiche vengono dalle associazioni per i diritti civili, che denunciano discriminazioni e danni a famiglie già residenti. Attivisti ed esperti affermano che questi divieti generalizzati discriminano le persone sulla base dell’etnia e rischiano – come accaduto durante il primo mandato di Trump – di causare la separazione delle famiglie. I divieti che colpiscono Haiti, Cuba e Venezuela sono particolarmente delicati per l’impatto che avranno sulle comunità statunitensi di immigrati provenienti da quei paesi.
Trump ha anche annunciato che impedirà l’ingresso negli Stati Uniti agli studenti diretti ad Harvard, con cui ormai è guerra aperta. Mossa che l’ateneo ha definito “illegale”: non solo, il presidente ha anche invitato il segretario di Stato Marco Rubio a studiare la possibilità di revocare i visti in vigore per gli studenti di Harvard già presenti nel Paese.
L’università di Harvard ha fatto comunque causa all’amministrazione Trump, sostenendo che le azioni del governo nei suoi confronti sono arbitrarie, illegali e violano il diritto alla libertà di parola sancito dal Primo emendamento. Da quando Trump si è insediato alla Casa Bianca la sua amministrazione ha cercato di allineare i college e le università d’élite alla propria linea politica, ordinando di modificare i requisiti di assunzione e ammissione, di eliminare i programmi di diversità, equità e inclusione, e di modificare le regole per le proteste nei campus, se non vogliono vedersi tagliare i finanziamenti federali, presentando queste richieste come una lotta contro l’antisemitismo.