Pier Paolo Pasolini, il giudice Borsellino, la parola Rispetto, e poi il Grande Crollo e il New Deal, per arrivare ai social e all’indignazione, al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e alle riflessioni del filosofo Telmo Pievani. Sono state le sette scelte del ministero per le tracce della prima prova scritta dell’esame di Stato: l’italiano, che vede impegnati da stamani oltre 550mila studenti. Ecco i testi proposti ai candidati alla maturità.
1. BORSELLINO
‘I giovani, la mia speranza’ un messaggio del giudice Paolo Borsellino è una delle sette tracce fornite ai maturandi per la prima prova scritta. Testo tratto da: Paolo Borsellino, I giovani, la mia speranza, in Epoca, 14 ottobre 1992.
«Sono nato a Palermo e qui ho svolto la mia attività di magistrato. Palermo è una città che a poco a poco, negli anni, ha finito per perdere pressoché totalmente la propria identità, nel senso che gli abitanti di questa città, o la maggior parte di essi, hanno finito per non riconoscersi più come appartenenti a una comunità che ha esigenze e valori uguali per tutti. […] Sono stato più volte portato a considerare quali sono gli interessi e i ragionamenti dei miei tre figli, oggi tutti sui vent’anni, rispetto a quello che era il mio modo di pensare e di guardarmi intorno quando avevo quindici-sedici anni. A quell’età io vivevo nell’assoluta indifferenza del fenomeno mafioso, che allora era grave quanto oggi. […] Invece i ragazzi di oggi (per questo citavo i miei figli) sono perfettamente coscienti del gravissimo problema col quale noi conviviamo. E questa è la ragione per la quale, allorché mi si domanda qual è il mio atteggiamento, se cioè ci sono motivi di speranza nei confronti del futuro, io mi dichiaro sempre ottimista. E mi dichiaro ottimista nonostante gli esiti giudiziari tutto sommato non soddisfacenti del grosso lavoro che si è fatto. E mi dichiaro ottimista anche se so che oggi la mafia è estremamente potente, perché sono convinto che uno dei maggiori punti di forza dell’organizzazione mafiosa è il consenso. È il consenso che circonda queste organizzazioni che le contraddistingue da qualsiasi altra organizzazione criminale.
Se i giovani oggi cominciano a crescere e a diventare adulti, non trovando naturale dare alla mafia questo consenso e ritenere che con essa si possa vivere, certo non vinceremo tra due-tre anni. Ma credo che, se questo atteggiamento dei giovani viene alimentato e incoraggiato, non sarà possibile per le organizzazioni mafiose, quando saranno questi giovani a regolare la società, trovare quel consenso che purtroppo la mia generazione diede e dà in misura notevolissima. È questo mi fa essere ottimista».
Rifletti, alla luce delle tue esperienze come studente e come cittadino, sul significato profondo di questo messaggio del giudice Paolo Borsellino (1940-1992) e sul valore che esso può avere per i giovani, in particolare per quelli della tua generazione.
2. LA PAROLA RISPETTO
Riassunto e riflessioni sulla parola “Rispetto” tratta da un testo di Riccardo Maccioni in Avvenire, 17 dicembre 2024, indicata dalla Treccani come parola del 2024.
alla medesima famiglia umana.»
3. IL GRANDE CROLLO
Gli anni Trenta e il New Deal sono gli argomenti proposti in una delle sette tracce. Il testo è tratto da Piers Brendon ‘Gli anni trenta. Il decennio che sconvolse il mondo’ Carocci editore.
«Nella messa in pratica del New Deal, la prima preoccupazione del presidente era intervenire sul cuore finanziario dell’intera questione: salvare le banche e ricominciare nuovamente a pompare denaro nel circuito mediante le arterie nazionali. Fu indetta una seduta speciale del Congresso e venne proclamata una chiusura delle banche a livello nazionale. Per alcuni giorni gli americani dovettero vivere di titoli cartacei, monete messe da privati, banconote e monete straniere, gettoni telefonici, francobolli, tagliandi di sigarette, baratti e prestiti. Nel frattempo, dal momento che una nazionalizzazione delle banche era fuori discussione, si preparò una legislazione di emergenza […]. Si autorizzava il sostegno federale per le banche solide, mentre al contempo si autorizzavano gli ispettori governativi a controllare le altre banche e tenere chiuse quelle insolventi (un ulteriore provvedimento, firmato in giugno, garantiva i depositi bancari). Per contribuire al
ripristino della fiducia, Roosevelt indisse una conferenza stampa (la prima delle circa 1.000 da lui tenute come presidente), impressionando a tal punto i giornalisti, grazie alla sua schiettezza e alla sua verve, che alla fine questi scoppiarono in un applauso. Tenne anche il primo dei suoi discorsi radiofonici alla nazione. Fu un tour de force, chiaro, disinvolto, diretto e condotto con una voce ipnotizzante esattamente al ritmogiusto. […] Il presidente concluse il suo discorso con queste parole: «Insieme non possiamo fallire». Quando
le banche riaprirono i battenti, i depositi furono superiori ai prelevamenti di fondi. In aprile l’anemia finanziaria era scongiurata: più di un miliardo di dollari aveva abbandonato le scorte private per fare ritorno nelle camere di sicurezza delle banche.
4. I SOCIAL E L’INDIGNAZIONE
Sono al centro di una delle sette proposte per lo scritto di Italiano. ‘L’indignazione è il motore dei social. Ma serve a qualcosa?’ è il titolo, ed è tratto da un supplemento del Corriere della Sera. Il testo riflette sulle piattaforme di social media, soffermandosi sul fatto che vi proliferano contenuti pensati per scatenare il sentimento dell’indignazione e che, proprio a causa di questo, finiscono per saturare la nostra capacità di indignarsi. Testo tratto da: Anna Meldolesi e Chiara Lalli, L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa?, in 7-Sette – supplemento settimanale del ‘Corriere della Sera’, 13 dicembre 2024, pag. 12.
«L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa? Una nuova ricerca, pubblicata su Science, dimostra che questa reazione emotiva accompagna spesso contenuti discutibili e che chi si scandalizza davanti a una presunta ingiustizia non perde tempo a cliccare sui link, per approfondire e verificare. Così, visto che la mente umana può esprimere giornalmente solo un tot di rabbioso disgusto, finiamo per sprecarlo su questioni irrilevanti per ignorare invece i temi che davvero meriterebbero la nostra irritazione.»
A partire dai contenuti del testo proposto, traendo spunto dalle tue esperienze, dalle tue conoscenze e dalle tue letture, rifletti su questa rilevante caratteristica dei social.
5. IL GATTOPARDO
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, prefazione di Giorgio Bassani, Feltrinelli, Milano, 1962.
«La prima visita di Angelica alla famiglia Salina, da fidanzata, si era svolta regolata da una regía impeccabile.Il contegno della ragazza era stato perfetto a tal punto che sembrava suggerito parola per parola da Tancredi; ma le comunicazioni lente del tempo rendevano insostenibile questa eventualità e si fu costretti a ricorrere ad una ipotesi: a quella di suggerimenti anteriori allo stesso fidanzamento ufficiale: ipotesi arrischiata anche
per chi meglio conoscesse la preveggenza del principino, ma non del tutto assurda. Angelica giunse alle sei di sera, in bianco e rosa; le soffici treccie nere ombreggiate da una grande paglia (cappello a larghe tese, confezionato con steli di paglia intrecciati, ndr) ancora estiva sulla quale grappoli d’uva artificiali e spighe dorate evocavano discrete i vigneti di Gibildolce ed i granai di Settesoli. In sala d’ingresso piantò lí il padre; nello sventolio dell’ampia gonna salí leggera i non pochi scalini della scala interna e si gettò nelle braccia di don Fabrizio: gli diede, sulle basette, due bei bacioni che furono ricambiati
con genuino affetto; il Principe si attardò forse un attimo piú del necessario a fiutare l’aroma di gardenia delle guancie adolescenti. Dopo di che Angelica arrossí, retrocedette di mezzo passo: “Sono tanto, tanto felice …” Si avvicinò di nuovo e, ritta sulla punta delle scarpine, gli sospirò all’orecchio: “Zione!”: felicissimo gag […] e che, esplicito e segreto com’era, mandò in visibilio il cuore semplice del Principe e lo aggiogò definitivamente
alla bella figliola. Don Calogero intanto saliva la scala e andava dicendo quanto dolente fosse sua moglie di non poter essere lí, ma ieri sera aveva inciampato in casa e si era prodotta una distorsione al piede sinistro, assai dolorosa. “Ha il collo del piede come una melanzana, Principe.” Don Fabrizio esilarato dalla carezza verbale […] si passò il piacere di andare lui stesso subito dalla signora Sedàra, proposta che sbigottí don Calogero che fu costretto, per respingerla, ad appioppare un secondo malanno alla consorte, una emicrania
questa volta, che costringeva la poveretta a stare nell’oscurità.»
Il romanzo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896 – 1957), pubblicato postumo nel 1958, narra i mutamenti avvenuti in Sicilia a partire dallo sbarco di Garibaldi sull’isola e il lento declino dell’aristocrazia borbonica, attraverso le vicende della nobile famiglia del protagonista, don Fabrizio Corbera, principe di Salina.
6. PASOLINI
Pier Paolo Pasolini, Appendice I a «Dal diario» (1943-1944), in Tutte le poesie, tomo I, a cura di Walter Siti, Mondadori, Milano, 2009.
Mi ritrovo in questa stanza
col volto di ragazzo, e adolescente,
e ora uomo. Ma intorno a me non muta
il silenzio e il biancore sopra i muri
e l’acque; annotta da millenni
un medesimo mondo. Ma è mutato
il cuore; e dopo poche notti è stinta
tutta quella luce che dal cielo
riarde la campagna, e mille lune
non son bastate a illudermi di un tempo
che veramente fosse mio. Un breve arco
segna in cielo la luna. Volgo il capo
e la vedo discesa, e ferma, come
inesistente nella stanca luce.
E così la rispecchia la campagna
scura e serena. Credo tutto esausto
di quel perfetto inganno: ed ecco pare
farsi nuova la luna, e – all’improvviso –
cantare quieti i grilli il canto antico.
La poesia, priva di titolo, come sovente si riscontra nella vasta produzione poetica di Pier Paolo Pasolini (1922 -1975), è testimonianza del complesso e ricco itinerario letterario che l’autore ha percorso fin dagli anni della sua giovinezza. Questa poesia, composta nei primi anni ’40, rappresenta una riflessione profondamente intima e appare ancora molto lontana dai più noti componimenti civilmente impegnati dell’autore.
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7. TELMO PIEVANI E L’ANTROPOCENE
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«I nostri successori studieranno l’Antropocene e capiranno il vicolo cieco in cui ci siamo infilati. […] Le firme sedimentarie dell’attività umana negli ultimi decenni del Novecento sono tali e tante che anche il più tonto dei geologi del futuro non potrà non vederle. […] Quanto pesano tutti gli oggetti del mondo? Sembra la domanda disarmante di un bambino e invece adesso è diventata, grazie ai big data, una curiosità scientifica piena di significati. […] Immaginate tutto ciò che l’umanità ha prodotto e costruito: tutti gli edifici sulla Terra, tutte le strade, treni aerei navi auto camion moto biciclette e ogni altro mezzo di trasporto, le fabbriche, le macchine. Ora aggiungete le suppellettili e gli arredi, gli strumenti, i telefonini, i computer, le stoviglie, i vetri, gli infissi, la carta di questa rivista. Insomma, prendete la tecnosfera materiale nella sua globalità, costituita da ogni artefatto umano distribuito sulla superficie terrestre, e mettetela su una bilancia. Vi verrà fuori un numero,
stratosferico. L’unità di misura adatta all’impresa è la teratonnellata, cioè mille miliardi di tonnellate. Ed ecco il numero fatidico: tutte le cose umane, dai grattacieli agli apriscatole, ed esclusi i rifiuti, nel 2020 hanno raggiunto il ragguardevole peso di 1,1 teratonnellate, ovvero mille e cento miliardi di tonnellate. Questa è la dimensione dell’immane flusso materiale che sta alla base del metabolismo attraverso il quale l’umanità incessantemente
trasforma in prodotti ed energia le materie prime presenti in natura. Se scomponiamo l’insieme di tutti i manufatti umani e vediamo di cosa sono fatti, scopriamo che il
calcestruzzo e gli aggregati di ghiaie e sabbie la fanno da padrone, seguiti dai mattoni, poi dall’asfalto, dai metalli e infine da plastiche, vetro e legno usato in industria. I ricercatori hanno anche calcolato gli andamenti della massa antropogenica dall’anno 1900 in poi. La curva si impenna dopo la fine del Secondo conflitto mondiale, appunto, quando la “grande accelerazione” della ricostruzione gettò le basi del benessere dei paesi industrializzati, ma al prezzo di un enorme consumo di suolo e di risorse. […] Con tecniche analoghe si può
calcolare anche la massa complessiva degli esseri viventi sulla Terra, cioè la biomassa. Ebbene, il valore complessivo di quest’ultima è 1,1 teratonnellate, millecento miliardi di tonnellate: esattamente come la massa antropogenica! Ciò significa che proprio nel 2020 la somma degli oggetti umani ha eguagliato tutto il resto della vita messo insieme. E pensare che agli inizi del Novecento le cose umane valevano il 3 per cento rispetto al peso degli esseri viventi. […] Quindi noi umani, che contribuiamo solo per lo 0,01 per cento alla biomassa globale, abbiamo riempito il mondo di 1,1 teratonnellate di cose. Questa è l’impronta schiacciante dell’Antropocene. Senza una rapida transizione del sistema economico mondiale verso modelli circolari, la massa antropogenica continuerà a
raddoppiare ogni vent’anni, sfuggendo al controllo. Nel nostro geologico quarto d’ora di celebrità, ci siamo fatti notare.»