Una ragazza di 23 anni è morta in seguito all’iniezione di un anestetico in un studio dentistico cui si era rivolta, 9 mesi fa il 26 settembre, per curare una carie. Gaia Pagliuca era “una ragazza in gamba, brava nello studio, generosa e dolcissima”, la descrivono così i professori del liceo linguistico Properzio di Assisi, in cui si era diplomata qualche anno fa, nel post di cordoglio per la sua scomparsa.
Gaia, di Bastia Umbria, (nella foto, da Facebook), morì dopo tre giorni di agonia nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Perugia. Tre giorni prima era andata in uno studio dentistico di Assisi per curarsi delle carie, intervento di routine. È finita invece in arresto cardiocircolatorio dopo l’iniezione di un anestetico e non si è più ripresa.
In questi giorni l’esito dell’autopsia e la perizia del medico legale hanno appurato le cause della morte, e adesso tre persone sono indagate dalla procura di Perugia con l’accusa di omicidio colposo. Sono i tre dentisti dell’ambulatorio a conduzione famigliare cui si era rivolta: il titolare e le sue due figlie.
Secondo la perizia, la causa della morte di Gaia è da attribuirsi a una “una tossicità sistemica da anestetico locale”: l’arresto cardiaco può quindi ascriversi “alla somministrazione farmacologica attuata dal dentista per estrarre il dente del giudizio”. All’ospedale Gaia era arrivata in arresto cardiaco, in condizioni disperate, in seguito ad un malore accusato nel corso di un’operazione per la rimozione di un dente a cui era stata sottoposta dal dentista.
Le due dentiste indagate hanno riferito ai Nas che lo scorso 26 settembre la ragazza si sarebbe dovuta sottoporre unicamente a dei trattamenti per la cura di alcune carie. Una volta in ambulatorio, c’è stato un cambio di programma: si è proceduto alla rimozione di un dente del giudizio. Le è stata così somministrata una prima anestesia: 4 fiale, in sequenza, di “mepicavaina senza adrenalina” iniettate a livello locale. Iniziato l’intervento, la ragazza lamentava ancora dolore e la dentista che stava operando ha proceduto con una seconda anestesia: due fiale di anestetico intralegamentoso con adrenalina. Finita la rimozione del dente inizia il travaglio: Gaia inizia a sentirsi male, perde i sensi, ha convulsioni e vomita. I dentisti le praticano il massaggio cardiaco senza successo. Arrivano gli operatori del 118 e viene trasportata in un volo disperato all’ospedale del capoluogo umbro. Ma Gaia non riprenderà mai più conoscenza.
L’ipotesi di indagine. Assenza di una cartella clinica, di esami radiologici pre-estrazione, del consenso informato per i trattamento, mancato uso del defibrillatore presente nello studio odontoiatrico, non era neppure stato richiesto il digiuno pre-operatorio: sono diverse le criticità rilevate dal medico legale rispetto al comportamento dei dentisti indagati. Dubbi anche su come i professionisti abbiano reagito al momento del malore di Gaia, alla quale hanno praticato il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca in attesa dell’arrivo dei soccorsi. “Appare del tutto inadeguato – è scritto infatti nella relazione del consulente tecnico nominato dalla Procura – il mancato utilizzo del defibrillatore che pure era presente nello studio odontoiatrico ed il cui uso si imponeva al fine di garantire un adeguato supporto delle funzioni vitali e defibrillazione precoce”.
Sempre secondo la perizia del medico legale “la prima anestesia non avrebbe infatti prodotto l’effetto ricercato o per una esecuzione tecnica non adeguata oppure per “alterazioni anatomiche del nervo alveolare inferiore”. Per questo si è proceduto alla seconda sedazione che, “seppur effettuata in quantità non abnorme, avrebbe causato la reazione avversa e il conseguente arresto cardiaco”. Il medico legale sostiene quindi che l’arresto cardiocircolatorio, sia da ricondurre a tossicità sistemica da anestetico locale: a confermarlo la reazione del cuore di Gaia che, dopo lunghissimi minuti, ha ripreso a battere quando i medici del Pronto Soccorso di Perugia le hanno somministrato un farmaco “antidoto”.
La vicenda è ora sotto l’attenzione della pm Annamaria Greco, che dovrà decidere sull’eventuale rinvio a giudizio degli indagati. Nel frattempo, il loro avvocato, Luca Maori, respinge le accuse parlando di “un evento imprevedibile e non imputabile ai medici”. Secondo i legali, la giovane non aveva allergie note e le quantità di anestetico somministrate sarebbero state compatibili con i protocolli medici.