di Claudia Zamorani

Anche le librerie, ultimo avamposto di un mondo che dovrebbe trasmettere cultura e occasioni di scambio in comunità dove ormai non si legge, non si parla e ci si incontra per caso solo al supermercato, sembrano avere alzato bandiera bianca.
Più dedite al commercio e forse schiacciate dai diktat delle grandi case editrici che a spendersi per dare un’occasione ai talenti nascosti che si annidano in città.
Conosco due persone, a me care, scrittori esordienti, non per spessore ed esperienza, che ultimamente si sono presentati nelle librerie del centro di Ferrara per chiedere, in modo educato, la possibilità di organizzare un incontro pubblico di presentazione del loro libro.
Un’esperienza umiliante.
Una ha risposto di no per motivi esiziali, perché la copertina non era abbastanza d’effetto. Hai capito? La prossima volta lo avvolgiamo in una bella carta patinata da cioccolatino di lusso. Così, appoggiato al mobile della libreria o di casa, a prendere polvere, fara’ ancora più chic.
Un’altra ha spiegato la regola aurea per assurgere all’Olimpo. Duemila anni per arrivare a questo traguardo. E cioè che non basta essere ferraresi per poter presentare, ma che anche la storia deve essere ambientata a Ferrara. Ulala’. Altro che Schopenhauer. Vorrà dire che la prossima volta ci presenteremo con il permesso di soggiorno. Per il resto, non hanno neppure risposto.
A Ferrara la cultura è morta, le menti si sono spente dentro a fiumi di birra e di arrosticini. Anche le istituzioni sono assenti, a partire dal Comune. E ci chiediamo perché invece dei soliti Oktoberfest o Monsterland (o come si chiama adesso) o delle decine di eventi di livello con cui ci delizia ogni anno, qualche volta, anche solo per sbaglio, non investa un po’ dei nostri soldi per l’emersione dei talenti che vanno sostenuti e aspettano solo di avere un’occasione.
Tanto di cappello quindi a quei capitani coraggiosi che con iniziative personali e private colmano i vuoti di senso e di (in)civiltà dei tempi moderni, anche se il loro intervento amplifica e finisce per diventare lo specchio del nostro fallimento.
Grazie quindi a Ego Silver House, bar, ristorante e residence, situato in via Beretta 23, e alla sua rassegna di libri del giovedì pomeriggio nata da un’iniziativa lungimirante e coraggiosa di Barbara Paron. E a Federico Felloni con le sue rassegne di cultura diffusa.
Grazie a Zazie, ristorante vegetariano di via San Romano 62 che ha dato un’occasione mettendo a disposizione i propri locali.
Grazie a tutti quegli imprenditori, speriamo sempre più numerosi, moderni mecenati, che colmano questo vuoto di senso e di noi che non leggiamo più, non pensiamo più, che non esercitiamo più il pensiero critico annegato com’è, come un masso, in fiumi di birra e di arrosticini nell’indifferenza generale. La situazione è preoccupante. Qui o ci si sveglia, o si muore.
Ma forse lo siamo già.