lunedì 17 Novembre 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

SMACCO PER TRUMP / La Camera impone la pubblicazione dei documenti sul “traffico sessuale” di Epstein

Si aggrava la posizione di Trump nello scandalo Epstein, il finanziere morto in carcere, ufficialmente per un suicidio che resta poco convincente. La Camera imporrà al Dipartimento di Giustizia di pubblicare i documenti relativi alla vicenda, in  cui il nome del presidente compare spesso. Il presidente ha subito,  con il voto del Congresso, uno smacco umiliante che aveva tentato di evitare ricorrendo a diversivi e a false insinuazioni sui Democratici, in particolare su Bill Clinton. Il castello difensivo di un Trump sempre più in difficoltà si sta sgretolando coinvolgendo anche parte del suo partito. Ecco una corrispondenza da New York.

di Massimo Jauss *

NEW YORK – Un momento atteso da mesi arriverà martedì alla Camera, quando l’Aula sarà finalmente chiamata a votare sulla legge che imporrebbe al Dipartimento della Giustizia di rendere pubblici tutti i documenti federali legati a Jeffrey Epstein. È un passaggio che fino a poche settimane fa sembrava impraticabile. Mike Johnson aveva congelato ogni discussione, obbedendo alle pressioni di Donald Trump e della sua cerchia più leale. Ma la petizione di discarico lanciata da Thomas Massie e Ro Khanna, firmata da tutti i democratici e da un manipolo di repubblicani pronti a sfidare la leadership, ha superato la soglia dei 218 nomi. La diga si è rotta e il voto è diventato inevitabile.

La macchina procedurale ora corre. Lunedì sera la Commissione per il Regolamento dovrebbe approvare il pacchetto che porterà in Aula la misura sull’Epstein Files Transparency Act. Una volta superato questo primo ostacolo, martedì la Camera entrerà nel merito e potrà votare la pubblicazione integrale dei documenti. Johnson valuta se rinviare la votazione alla sera per guadagnare tempo, ma è un espediente fragile. Il controllo dell’Aula gli è scivolato dalle mani.

Il Partito Repubblicano è diviso in modo esplicito. Con le elezioni di midterm alle porte, molti deputati temono di essere ricordati come coloro che hanno provato a proteggere Trump dagli incontri imbarazzanti con Epstein. I quattro repubblicani che hanno firmato la petizione, Massie, Lauren Boebert, Marjorie Taylor Greene e Nancy Mace, sono soltanto la punta del gruppo. Secondo lo stesso Massie, infatti, i repubblicani pronti a rompere i ranghi sarebbero “molti di più”, un numero sufficiente da mettere realmente a rischio la disciplina interna del GOP. È un fronte diffuso, meno visibile ma potenzialmente decisivo, che la leadership fatica a contenere.

Questi deputati hanno acquisito un potere inaspettato. Possono bloccare qualsiasi manovra della leadership per rallentare o annacquare il testo. In un’Aula già provata dalle sette settimane di paralisi provocate dallo shutdown, il rischio per Johnson è che anche un singolo errore procedurale faccia saltare tutto.

Intanto si accumulano nuove rivelazioni. Le email diffuse negli ultimi giorni mostrano un Epstein che nel 2019 sostiene che Trump “era a conoscenza delle ragazze” coinvolte nel traffico sessuale. In un messaggio del 2011 confidava a Ghislaine Maxwell che l’allora magnate trascorreva “ore” nella sua casa in compagnia di una giovane vittima, identificata dalla portavoce Karoline Levitt come Virginia Giuffrè. La Casa Bianca ha parlato di materiale diffuso in modo selettivo dai democratici per colpire il presidente. Trump ha negato tutto. Ma il suo nome continua a emergere nelle corrispondenze di Epstein, più frequentemente di quello di molti degli avversari politici che ora indica come responsabili.

È in questo clima che Trump ha ordinato a Pam Bondi di concentrare le indagini esclusivamente sui democratici. Una scelta che, osserva il New York Times, contrasta con la mole di email in cui compare lo stesso Trump, mentre i riferimenti a figure democratiche appaiono marginali e legati a cene o discussioni su investimenti. Lo stesso nome di Bill Clinton, spesso evocato negli anni, compare finora una sola volta nei documenti resi pubblici, con Epstein che afferma che l’ex presidente non era mai salito sul suo aereo. L’impressione, per molti deputati, è che si stia ripetendo uno schema noto: deviare, confondere, spostare l’attenzione altrove.

L’ingresso della deputata dell’Arizona Adelita Grijalva, che ha prestato giuramento dopo settimane di rinvii, ha reso definitiva la partita. Grijalva ha firmato subito la petizione, portandola al numero decisivo di 218. Da quel momento, Johnson non ha più potuto manovrare per bloccarla.

L’approvazione alla Camera non sarà la fine del percorso. Il testo dovrà superare il Senato e, infine, arrivare sulla scrivania di Trump per la firma. Ma il fatto stesso che la Camera sia stata costretta a esporsi rappresenta una sconfitta politica pesante per la Casa Bianca, che da mesi tentava di evitare questo voto. È un passaggio che incrina l’autorità di Trump sul suo partito e rivela quanto fragili siano gli equilibri interni del GOP.

La settimana che si apre promette un dibattito ruvido, pressioni incrociate e nuove rivelazioni. Mentre il Congresso si prepara al voto, il caso Epstein torna a minacciare il centro della politica americana, riportando in superficie ombre che nessuno, alla Casa Bianca, è riuscito a contenere.

* The Voice of New York

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