sabato 1 Novembre 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

CSI / In vista la riunione del gruppo di Giovanni Lindo Ferretti

CCCP – Fedeli alla linea, uno dei più importanti gruppi italiani degli Anni Ottanta, scioltisi nel 1990, oggi CSI, sono sul punto di riunirsi e tornare sul palco. E’ stato Giovanni Lindo Ferretti a suggerire che l’ipotesi di un ritorno non era poi così assurda. Il musicista ha confermato che la reunion è nell’aria” e che il ritorno della storica formazione reggiana potrebbe concretizzarsi nell’estate 2026, in occasione dei principali festival italiani. Il ritorno del CSI viene accolto con entusiasmo dai fan. Ecco che cosa scrive la rivista Rolling Stone.

di Ray Banhoff *

E’ scoppiata l’ennesima allucinazione collettiva di retromania e il web è impazzito per calarsela subito: foto dei C.S.I. al completo postata sui social. Significa solo una cosa: tour di reunion… così i millennial impazziscono.

Non si farà in tempo a impazzire che già da oggi spunteranno i menagrami pronti a chiosare in coro contro Ferretti il meloniano, Ferretti il cattolico, Ferretti il traditore. Buuu! Ma proprio questi ennesimi e scontati cori sono la sintesi di quanto Ferretti non sia stato capito nemmeno da chi diceva di stimarlo. Veniva solo usato sulle magliette come un Che Guevara padano, per questo si è defilato prima di finire tatuato sul culo di qualche influencer. Ce lo aveva già insegnato che mitizzare i cantanti e politicizzarli era un errore quando cantava “non fare di me un idolo mi brucerò, se divento un megafono mi incepperò”. E ha mantenuto la promessa, d’altra parte è uno fedele a Mishima.

Ah, dimenticavo i cori: ci saranno i complottisti, quelli che «hanno annunciato la reunion il 28 ottobre, proprio l’anniversario della Marcia su Roma». Ridicoli. Poi ci saranno i cori che tireranno in ballo il prezzo dei biglietti. Tolto questo caos, rimane la voglia di vederli il prima possibile. Perché?

Il sound dei C.S.I. è il culmine culturale dell’Italia degli Anni Novanta. Loro sono gli Adelphi della musica, i Carmelo Bene del palco rock, il diverso, gli unici in grado di distogliere lo sguardo dagli stereotipi del rock anglo-americano quando il mondo ne era sbronzo e di puntare il radar sull’Asia, sui suoni arabeggianti, sulla sperimentazione, Blixa Bargeld e i cori di chiesa. Gli unici in grado di parlare della fine di un’epoca e di finire con essa, di crollare col muro di Berlino, col Novecento, con la controcultura. Gli unici in grado di mollare proprio al culmine di quello che sarebbe stato il successo.

L’idea che hanno trasmesso era che lo facessero anzitutto per non farsi sottomettere; questo ci insegnavano, per questo li ascoltavamo. Avevamo un capo stronzo al lavoro, una famiglia che ci voleva laureati in legge, dei professori che ci volevano modellare. Avevamo il marketing addosso, la moda che ci rincorreva, le aziende che già iniziavano a profilarci da lontano e ci insegnavano a dividere il mondo in buoni o cattivi, senza sfumature. Avevamo questo mostro che si chiama progresso (un ansiogeno presenzialismo) che veniva a stanarci pure nei sogni, a obbligarci a stargli dietro anche quando non ne avevamo voglia. Ma, ogni tanto, potevamo trovarci in un festivalino scassato tra la pianura Padana e il Salento e cantare: “Conosco le abitudini e so i prezzi e non voglio comperare né essere comprato”. E lì ci sentivamo a casa. Suona ancora parecchio attuale, no?

 

D’altra parte l’ha scritta uno che riempie libri con cose tipo: “Chi non aspira ad un salario, non vuole vivere all’interno di un contratto di lavoro sindacalizzato, chi crede alla libera iniziativa ed è disposto ad accollarsi l’incerta sorte vede svanire il proprio mondo, ha perso legittimità d’esistenza. Legalità? Troppi giorni diventano illegali, impossibilitati tra diritti imposti e doveri perseguiti. C’è una legalità servile e paranoica, abusiva da ogni contesto, in divaricazione sorda e ottusa con il concreto vivere” (Giovanni Lindo Ferretti, Non invano, Mondadori).

I C.S.I. fanno parte di un’epoca in cui le band facevano fatica a stare assieme, non venivano fuori con i reality show o con un singolo, non li trovavi a fare i featuring. Mettevano giù dei dischi irripetibili come Ko De Mondo, Linea Gotica o Tabula Rasa Elettrificata e andavano in tour. Fine. Si trovavano nella loro casona nei campi di Fellegara e resistevano poche settimane, poi manco si sopportavano, dovevano andare ognuno per la loro strada, ma quando componevano i risultati erano vette.

Sapete, oggi si dice che vadano di moda le reunion, ma il motivo vero credo che sia il bisogno di tappare un buco. L’industria musicale si è mangiata tutto, non c’è più scena alternativa. Voglio dire, dai ’60 ai 2000 di reunion ne abbiamo avute poche, quasi non esistevano. Usciva di continuo roba stupenda che sostituiva ciò che c’era prima, nessuno rivoleva quello che c’era prima, volevano tutti stare nell’ora.

Non voglio azzardare che manchi la buona musica perché non è vero, ma di sicuro in Italia non c’è mai più stato niente di tanto significativo quanto i C.S.I.
 Ben vengano quindi questi signori che son invecchiati, che si mettono le Blundstone, che non sono più quelli di una volta e tradiscono le aspettative: sanno di vero.

*****

NOTA di Pda. Che i CCCP siano stati innovatori e anticonformisti negli Anni in cui era facile esserlo è indubbio. Ma dinanzi alla constatazione che quelle masse di giovani con lo scorrere del tempo siano approdate alla cultura di Destra, diventandone in parecchi casi la struttura portante (si pensi al berlusconismo), non si può simpatizzare più del lecito con Giovanni Lindo Ferretti. Troppe involuzioni, troppi approdi incomprensibili: dalla linea anticonformista e dura  al più scontato quieto vivere abbracciando la Lega e la Destra meloniana. Aspettiamoci un endorsement per Trump e il viaggio è completo.

Il leader dei CCCP, Giovanni Lindo Ferretti da Cerreto, fa tornare alla mente l’invettiva di Eugene Ionesco quando a Parigi, vedendo sfilare i giovani contestatori del Maggio Francese – che rivendicavano una società e un mondo diversi – si affacciava dal balcone e urlava loro: “Diventerete tutti notai”.

Più che notai, i CCCP, oggi Csi, sono diventati culturalmente inoffensivi, con poche tracce lasciate nell’animo dei Minnellians e della Generazione X, la “generazione dimenticata” che a sua volta dimentica troppo, perfino la coerenza. Ecco perché non è piaciuta la recente e criticata esibizione di Bologna, in una Piazza Maggiore recintata. Ecco perché continua a non piacere lo scontato “essere vero” di un Ferretti più guru o reduce che trascinatore di idee, più prigioniero dei moderni luoghi comuni e delle sintesi orientaleggianti che profondità e originalità di pensiero. Meno freschezza e tanti calcoli, come usa oggi: ecco i CSI.  In quanto alla musica punk e al culmine culturale dell’Italia anni Novanta poi… questione di gusti e di visione del mondo.

 

Articoli correlati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

CATEGORIE ARTICOLI

Articoli recenti