Niente più visto per gli Stati Uniti per li scrittore nigeriano Wole Soyinka. L’amministrazione Trump ha revocato il documento al vincitore del premio Nobel per la letteratura 1986, critico di Trump sin dalla sua prima presidenza. “Voglio assicurare il consolato che sono pienamente soddisfatto della revoca del mio visto”, ha detto Soyinka durante la conferenza stampa in cui ha annunciato la notizia.
Soyinka, 91 anni, in passato aveva la residenza permanente negli Stati Uniti, e nel paese aveva vissuto in esilio fino al 1998, perché perseguitato e condannato a morte dal dittatore nigeriano Sani Abacha. Ma strappò la sua green card dopo la prima elezione di Donald Trump nel 2016. Lo scrittore e drammaturgo, autore tra l’altro di La morte e il cavaliere del re, ha insegnato e ricevuto onorificenze da prestigiose università americane come Harvard e Cornell. Il suo ultimo romanzo, Cronache della terra dei più felici al mondo, una satira sulla corruzione in Nigeria, è stato pubblicato nel 2021. Soyinka lo ha definito il suo “regalo alla Nigeria”.
In conferenza stampa, Soyinka ha ipotizzato – e in effetti pare probabile – che alla decisione del consolato Usa a Lagos abbiano contribuito le sue recenti dichiarazioni in cui paragonava Trump al dittatore ugandese Idi Amin. Ma, ha aggiunto, “Idi Amin era un uomo di statura internazionale, uno statista, quindi quando ho chiamato Donald Trump Idi Amin, pensavo di fargli un complimento. Si sta comportando come un dittatore.”
All’inizio dell’anno, Soyinka aveva detto che il consolato USA lo aveva convocato per un colloquio volto a rivalutare il suo visto, al quale però aveva dichiarato che non si sarebbe presentato. Secondo una lettera del consolato indirizzata a Soyinka, il visto è stato annullato in base a norme del Dipartimento di Stato USA che consentono “a un funzionario consolare, al segretario o a un funzionario del Dipartimento al quale il segretario ha delegato tale autorità… di revocare un visto per non immigranti in qualsiasi momento, a propria discrezione”.
Soyinka l’ha scherzosamente definita una “curiosa lettera d’amore da un’ambasciata” leggendola ai giornalisti a Lagos ad alta voce. Ha anche suggerito alle organizzazioni che volessero in futuro invitarlo negli Stati Uniti a “non perdere tempo. Non ho un visto. Sono bandito”. L’ambasciata USA ad Abuja, la capitale, ha dichiarato al Guardian di non poter commentare i singoli casi, richiamandosi alle regole sulla privacy.
Trump ha fatto delle revoche di visti uno dei capisaldi della sua stretta sull’immigrazione, prendendo di mira in particolare studenti universitari che si sono espressi apertamente a favore dei diritti dei palestinesi. Soyinka ha lasciato aperta la possibilità di accettare un invito negli Stati Uniti se le circostanze dovessero cambiare, ma ha aggiunto: “Non prenderei io stesso l’iniziativa, perché non ho nulla da cercare lì. Nulla.” Ha poi criticato l’intensificarsi degli arresti di immigrati senza documenti nel paese: “Non si tratta di me. Quando vediamo persone portate via dalla strada – persone prelevate e che scompaiono per un mese… anziani, bambini separati dai genitori. È questo che mi preoccupa davvero.”
FONTI: Alessandra Quattrocchi, The Voice of New York, Wole Soyinka, Agenzie di stampa
