mercoledì 25 Giugno 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

UN SOCIALISTA A NEW YORK

Musulmano, socialista, 33 anni, cittadino statunitense dal 2018, nato in Uganda da genitori di origini indiane, favorevole alla legalizzazione della marijuana e ai diritti delle persone LGBTQ+, sostiene il diritto di esistere dello stato di Israele ma dice che Netanyahu dovrebbe essere incriminato per genocidio e arrestato. Ovviamente Democratico e piace tantissimo ai giovani.

Il fatto che uno così, Zohran Mamdani, potrebbe essere con buone probabilità il prossimo sindaco di New York negli Stati Uniti del Trump 2 (“la vendetta”) è molto più che un risultato elettorale locale. E’ una rivoluzione simbolica. Uno così, Trump oggi non lo farebbe nemmeno entrare negli Stati Uniti.

Mamdani, fino a poco tempo fa poco sconosciuto, ha costruito la sua campagna su proposte audaci: trasporti pubblici gratuiti, assistenza universale all’infanzia, blocco degli affitti per le case sovvenzionate e supermercati municipali finanziati da nuove tasse sui più ricchi. Il suo netto sostegno ai palestinesi e le critiche dure a Israele lo hanno messo in contrasto con gran parte dell’establishment democratico. Tuttavia, ha ricevuto l’appoggio convinto dell’ala progressista del partito, inclusi due dei leader più noti: la deputata Alexandria Ocasio-Cortez e il senatore Bernie Sanders. Mamdani ha saputo sfruttare con efficacia i social media, diventando virale con video in cui si confronta direttamente con elettori di Trump, accrescendo la sua notorietà in città.

Quando lo scorso autunno annunciò per la prima volta la sua candidatura a sindaco, Zohran era un semi-sconosciuto legislatore statale con un curriculum scarso. Pochi mesi dopo ha battuto alle primarie Dem un “vecchio leone” come Andrew Cuomo, favoritissimo alla vigilia. Il New York Times racconta come ha fatto.

Per esempio: nella sua campagna per l’Assemblea Statale di Albany, nel 2020, delle circa 20 proposte di legge che presentò poi solo tre, relativamente minori, sono diventate legge. Ma il suo essere “giovane”, e “musulmano” ha risvegliato dal torpore un’ampia fascia di elettori progressisti, inclini a soprassedere sulla sua mancanza di esperienza.

Se eletto, in autunno, Mamdani sarebbe il primo sindaco musulmano di New York. I musulmani a NY sono circa un milione. Da candidato ha visitato regolarmente le moschee e ha fatto della sua fede un elemento centrale della campagna. Poi si è tuffato nel cuore dei problemi cittadini: ha usato uno dei suoi primi video per parlare della crisi di accessibilità economica, analizzando l’aumento del costo di un pasto da un chiosco di cibo halal, si è filmato mentre interrompeva il digiuno del Ramadan in metropolitana divorando un burrito gigante.

L’attenzione al suo passato è diventata anche un modo per sottolineare la natura multiculturale della sua coalizione e della città che sperava di governare: “Sappiamo che presentarsi in pubblico come musulmani significa anche sacrificare la sicurezza che a volte possiamo trovare nell’ombra”, ha detto.

Ha duramente criticato le azioni di Israele a Gaza e ha espresso il suo sostegno al movimento per il boicottaggio e le sanzioni. Ma ha anche affermato che non c’è spazio per l’antisemitismo a New York City, aggiungendo che, se fosse eletto, aumenterebbe i finanziamenti per combattere i crimini d’odio. Ha sempre operato una distinzione tra antisionismo e antisemitismo. Si è rifiutato di condannare l’espressione “globalizzare l’Intifada” o di dire che lo metteva a disagio.

I video non sono un dettaglio. C’è il video di lui che si tuffa in un gelido Oceano Atlantico per promuovere le sue proposte di congelare gli affitti per milioni di newyorkesi. Le decine di apparizioni in podcast di ogni genere. I video accessibili, spontanei. Pochi giorni prima delle primarie, in una calda sera d’estate – racconta il Nyt – ha percorso a piedi tutta Manhattan, scattandosi selfie con i newyorkesi lungo il cammino.

“Parte del successo di Mamdani – aggiunge il New York Times – deriva dalla sua capacità di distillare le complessità delle difficoltà economiche degli elettori in soluzioni politiche concise. Non si sottrae alle grandi idee e si definisce senza mezzi termini un socialista democratico. E invece di impantanarsi in concetti politici complessi, presenta idee facili da comprendere, anche se i suoi oppositori le deridono come utopie: affitti congelati, gli autobus gratuiti, le tasse sui ricchi aumentate e il costo dell’assistenza all’infanzia a zero”. Uno così governerà la città più iconica del mondo, un’isola sempre più separata dal resto dell’America Trumpiana. Uno così, prima o poi, rischia di ritrovarsi gli agenti dell’immigrazione (ICE) alla porta.

Fonti: Euronews, Agenzia Dire, Nyt, agenzie internazionali

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