lunedì 16 Giugno 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

RAID CONTRO I MIGRANTI / Esplode la guerriglia nelle città americane / La California denuncia Trump – video

La miccia l’ha accesa Donald Trump, ma la California non ha intenzione di restare in silenzio. Il governatore Gavin Newsom ha annunciato una causa contro la decisione del presidente di mandare la Guardia Nazionale a Los Angeles, aggirando i poteri statali per reprimere le proteste legate alla politica sull’immigrazione. Lo scontro istituzionale è esploso mentre la città vive il quarto giorno consecutivo di tensioni tra manifestanti e forze dell’ordine.

Circa 150 gli arresti registrati da venerdì: scene da guerriglia urbana con lacrimogeni, scooter lanciati, fuochi d’artificio e sassaiole contro le auto della polizia. La città è diventata l’epicentro della contestazione alla linea dura di Washington, un punto caldo che simboleggia la frattura tra Casa Bianca e amministrazioni locali.

Nel weekend, Trump ha giocato la carta pesante: 2.000 soldati della Guardia Nazionale richiamati in servizio, bypassando l’autorità del democratico Newsom, che ha reagito con toni tutt’altro che concilianti. Mentre lo scontro si allarga su scala nazionale – sono attese manifestazioni in oltre una dozzina di città, inclusa Sacramento, dove i sindacati si mobilitano dopo l’arresto di un leader – la California prepara le sue contromosse legali. Lunedì, scatterà l’azione formale contro la decisione della Casa Bianca.

Sul campo, la tensione resta palpabile, anche se domenica i militari hanno in gran parte evitato il contatto diretto con i manifestanti, lasciando che la metropoli, per quanto possibile, ritrovasse un’apparenza di normalità.

LA CRONACA DI IERI, LUNEDI’ 9 GIUGNO

Raid anti-migranti a Los Angeles, la Guardia nazionale, forte di ben duemila agenti fatti schierare da Trump, ha caricato i manifestanti facendo ricorso a lacrimogeni e manganelli. I disordini sono scoppiati dopo le incursioni condotte dagli agenti federali dell’immigrazione, che hanno portato all’arresto di 44 persone. Trump: “Libererò Los Angeles da clandestini e criminali”. La guerra tra la Casa Bianca e la metropoli californiana sta assumendo quindi contorni preoccupanti. La sindaca Karen Bass ha sfidato il presidente: “Siamo orgogliosi di essere una città di immigrati”. La Bass è la prima donna e la seconda afroamericana a guidare la città californiana e viene attaccata dai repubblicani per essersi opposta ai violenti raid anti-migranti.

L’intervento della Guardia Nazionale a Los Angeles segna un punto di svolta nella crescente crisi tra il governo federale e le autorità californiane – scrive Dania Ceragnoli su The Voice of New York –  Trump ha ordinato il dispiegamento di 2.000 soldati, una mossa che secondo il governatore Gavin Newsom rischia di “aumentare le tensioni” in una città già pesantemente coinvolta in proteste e scontri. Dello stesso parere la sindaca Karen Bass che ha commentato che tali tattiche “seminano il terrore” e minano la fiducia tra cittadini e istituzioni.

Di fronte alle resistenze delle autorità californiane è arrivata la risposta dello zar dei confini, Tom Homan, incaricato da Trump di coordinare il piano per le deportazioni di massa. Alla NBC, ha dichiarato che se governatore e sindaca continuano a opporsi all’operazione federale, “rischiano l’arresto. È un reato nascondere e dare consapevolmente rifugio a un immigrato clandestino. È un reato impedire alle forze dell’ordine di fare il loro lavoro”.

Le tensioni sono aumentate dopo che gli agenti federali hanno affrontato i manifestanti che erano scesi in strada per protestare contro i raid sull’immigrazione. Le autorità hanno riferito che alcuni dimostranti sventolavano bandiere messicane e indossavano maschere mentre si opponevano alla presenza militare sempre più pesante.

Nei giorni precedenti, le operazioni condotte da Immigration and Customs Enforcement (ICE), l’agenzia che ha il compito principale di far rispettare le leggi sull’immigrazione, avevano già portato all’arresto di circa 44 persone, fra queste molti lavoratori e ambulanti. Alcuni testimoni hanno riferito che i veicoli coinvolti nelle retate ricordavano mezzi militari e che gli agenti, armati e in divisa, utilizzavano i parcheggi di grandi magazzini come basi operative.

Il Dipartimento per la Sicurezza Interna ha descritto le proteste come atti violenti, parlando di un migliaio di persone che avrebbero circondato edifici federali, tagliato pneumatici e deturpato proprietà pubbliche. Gli attivisti locali hanno denunciato che le incursioni hanno colpito indiscriminatamente anche residenti e soggetti con documenti regolari, sollevando preoccupazioni legali e costituzionali.

La portavoce dell’organizzazione per i diritti degli immigrati Chirla ha precisato che molti contestatori si sono radunati dopo aver visto mezzi federali vicino a un Home Depot, temendo una nuova ondata di arresti.

Dall’amministrazione federale è arrivata invece la minaccia di un’ulteriore escalation. Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha annunciato che, in caso di nuove violenze, potrebbero essere mobilitati i Marines di stanza a Camp Pendleton, attualmente in stato di massima allerta.

La Casa Bianca, ha difeso l’operazione come necessaria per ristabilire l’ordine. In un post sulla sua piattaforma Truth Social, Donald Trump ha affermato che, se le autorità locali non sono in grado di gestire la situazione, il governo federale interverrà per fermare rivolte e saccheggi nel modo in cui dovrebbe essere fatto”.

Le immagini diffuse dalle emittenti locali hanno mostrato scene che ricordano operazioni di guerra urbana: agenti con maschere antigas allineati tra i resti di barricate improvvisate, gas lacrimogeni e arresti in diretta. Alcuni manifestanti hanno ribadito che non intendono arretrare, affermano che le comunità colpite hanno diritto a difendersi da quello che considerano un abuso di potere.

TENSIONE ANCHE A NEW YORK

Cresce la tensione tra cittadini e forze dell’ordine anche a Manhattan, dove una manifestazione contro le retate dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) è degenerata in violenti scontri con la polizia. Davanti alla sede dell’agenzia federale per l’immigrazione, a Federal Plaza, alcuni manifestanti hanno forzato i cordoni di sicurezza. Arrestati diversi partecipanti.

A scatenare la rabbia a New York è stato il fermo di uno studente di terza superiore della Grover Cleveland High School, istituto pubblico nel quartiere di Ridgewood, nel Queens. Il ragazzo si era recato presso il tribunale dell’immigrazione per partecipare a un’udienza legata alla sua richiesta di asilo. È lì che è stato prelevato dagli agenti ICE.Il senatore statale Mike Gianaris, che rappresenta l’area, ha confermato la notizia con un messaggio su X: “L’arresto di minori nei tribunali e la loro separazione dalle famiglie è inaccettabile, e mi unisco alla scuola nel chiedere il suo rilascio”. Nessuna informazione ufficiale è stata resa nota sull’identità del giovane né sul luogo in cui si trova detenuto.

A maggio, un altro studente delle scuole pubbliche cittadine era stato arrestato con modalità analoghe. Si chiama Dylan Lopez Contreras, ha 20 anni, viene dal Venezuela e frequentava la Ellis Preparatory Academy nel Bronx. Anche lui si era presentato a un’udienza obbligato al tribunale per l’immigrazione a Lower Manhattan. E anche lui è stato prelevato e portato via.

Secondo Chalkbeat, il ragazzo era entrato legalmente negli Stati Uniti nell’aprile 2024, nell’ambito di un programma d’ingresso lanciato sotto l’amministrazione Biden. La città di New York ha presentato un’istanza formale per chiederne il rilascio, sostenendo che sia trattenuto senza le garanzie del giusto processo. Contreras si trova attualmente nel centro di detenzione federale di Moshannon Valley, in Pennsylvania.

 

 

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