di Piero Di Antonio

— Comincia stasera la più pacchiana e prepotente manifestazione estiva di Ferrara: il Summer Festival. Nemmeno il Palio, nonostante la sua secolare tradizione e partecipazione, è riuscito a imprigionare la città, non andando perdippiù troppo per le lunghe. Il Festival, invece, è una sfilza di concerti ed esibizioni in piazza Ariostea, cuore del vivere gioioso della comunità ferrarese, che ci assillerà per molti giorni ancora. E’ la prova lampante di una città in mano a una classe politica e amministrativa che ha avuto parecchi voti per amministrare, ma di certo non per arrogarsi il diritto di proclamarsi padrona di tutto.

Ma le cose che non vanno e che affliggono i cittadini non sono soltanto da addossare a chi comanda. Troppo facile.  Se qualcuno in Comune si sente il signorotto è perché dall’altra parte c’è il vuoto assoluto, il silenzio, che altro non è se non il lasciapassare dell’indifferenza.

C’è una Soprintendenza che se ne sta buona buona, non fa un plissè, dimostrando di non vedere, almeno pubblicamente, lo scempio di una città fatta prigioniera con barriere e divieti. In un Paese mediamente civile, chi regge con tale superficialità le sorti delle belle arti verrebbe sollevato in un baleno. Ma qui, la catena del comando politico e amministrativo e delle istituzioni ad esso collegate è ferrata ed è molto efficiente. “Silenzio, fateci fare e non disturbate”, sembra il motto ricorrente, che attira voti e poltrone.

C’è, inoltre, una politica che non ha il coraggio e la capacità di far sentire la propria voce, se non a ridosso del primo concerto, a danno ormai servito. Una tale situazione non è forse una buona occasione per occuparsi dei problemi della città? O si preferisce stare dietro alle amenità poco impegnative che il potere dispensa e apparecchia sul tavolo della discussione e del dibattito? La politica non si fa solo sui social, ma con il corpo e la mente, si fa con l’azione. E soprattutto non a babbo morto. La prigione di Piazza Ariostea non è stata messa su nottetempo, è da giorni che si sferraglia e si innalzano palchi e gazebo. Alcune strade sono state chiuse anche ai pedoni e ai ciclisti. La città delle biciclette si è trasformata in una città di muri, di reticolati e divieti.

Alla nuova segretaria del Pd è forse sfuggita la situazione caotica che si è venuta a creare in pieno centro? Sembra di sì. Eppure, cominciare a battere un colpo, a far sentire la presenza sarebbe di per sè un bell’inizio, altrimenti si ritorna al punto di partenza.

Ma anche la stampa ha le sue pagine bianche. Esulta con fanciullesco entusiasmo per le centomila persone che l’anno prossimo affolleranno il Parco Urbano nei due concerti di Vasco Rossi, spostando in modo strumentale la vera questione: nel mirino della legittima critica non sono i concerti di Vasco, sempre apprezzati, ma il luogo dove si svolgeranno. Il trucco di deviare e distogliere l’attenzione funziona sempre. Piazza Ariostea, così com’è ridotta, non merita forse un approfondimento giornalistico? o una campagna di stampa che ponga al primo posto il cittadino e il decoro di Ferrara?

E che dire degli intellettuali, degli urbanisti, degli ingegneri, degli architetti? Rintanati nei loro studi, stentano a tirare fuori il naso, a dare un’occhiata all’innegabile brutto che scaccia il bello. I maligni sostengono che è un silenzio necessario, altrimenti addio incarichi, addio appalti. Non parliamo dell’università ripiegata nel suo mondo, non in grado di porre riflessioni e domande.

Ultima, la città nel suo complesso, indifferente, sonnacchiosa, che, interpellata, si rifugia nel classico e demagogico “finalmente a Ferrara si fa qualcosa, va bene così”. Tranne poi mugugnare al primo senso vietato. E sul filo di lana di questo primo accenno di estate cittadina, spunta dalle catacombe (nessuno ne sapeva granché) una lettera-appello firmata da 57 abitanti e titolari di attività commerciali della zona. In  verità pochini e fuori tempo massimo, però. Appresa la notizia dalla stampa, e non vedendo per settimane lo scempio, arrivano le prese di posizione e la solidarietà della sinistra. Chi ha denunciato da tempo con video, foto e articoli la deriva del Summer Festival in Piazza Ariostea, così come concepito e realizzato, è stata relegata a “voce che grida nel deserto”. Una voce dalla splendida solitudine che disturba il tran-tran del quieto vivere e che, soprattutto, impedisce il sonno della ragione.

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La lettera-appello 

L’edizione 2025 del Festival – si legge – non è ancor a cominciata, eppure le difficoltà sono già tangibili e anticipano chiaramente la reiterazione di quanto accaduto nel 2024. Non si tratta di semplici disagi temporanei, ma di una condizione strutturale che per settimane trasforma la quotidianità in un ostacolo continuo: modifiche viabilistiche repentine e scarsamente comunicate, eliminazione di parcheggi per i residenti (già abitualmente esigui rispetto alle reali esigenze), ordinanze speciali che autorizzano un sovradimensionamento di traffico in zone a traffico limitato, deroghe agli orari del disturbo della quiete pubblica, segnaletica temporanea abbandonata in mezzo ai marciapiedi. Misure che, nel loro insieme, a detta dei residenti “non possono che essere percepite come soprusi da chi risiede, lavora o ha attività commerciali nella zona“.

La quotidianità, quindi, “si trasforma in un percorso a ostacoli, e la città diventa ostile proprio per chi la abita”. Le difficoltà delle persone, dicono ancora i cittadini, “sono reali, così come reale è anche il danno economico per le attività che non affacciano direttamente sul palcoscenico del festival“. Insomma, un po’ come lo scorso anno, il malumore sulla kermesse musicale, o meglio su quello che in termini logistico-organizzativi comporta, esiste. Ma c’è anche un altro piano di discussione che viene introdotto dai residenti: l’impatto ambientale.

L’assunto da cui partono è contenuto nella conclusione: “A Ferrara, non dovrebbe esistere sviluppo culturale che non sia anche ecologicamente responsabile”. “L’intensificazione del traffico veicolare, l’aumento dei rifiuti urbani non gestiti con sufficiente tempestività, l’inquinamento acustico protratto ben oltre il limite del ragionevole – continua la lettera – rappresentano una ferita ambientale che si somma a quella sociale. Promuovere cultura non può significare sacrificare la sostenibilità: un evento pubblico di tale portata dovrebbe farsi promotore di buone pratiche, riducendo al minimo l’impatto ecologico e tutelando il patrimonio ambientale di una città che è anche patrimonio Unesco“.

Ciò che ferisce ancora di più è l’atteggiamento con cui queste istanze vengono sistematicamente liquidate – si legge in chiusura –  I cittadini critici vengono ridicolizzati, accusati di essere “contro Ferrara”, etichettati come lamentosi o addirittura ostili alla cultura. Ma una città democratica non può ignorare, né tantomeno ridicolizzare chi, in modo pacato e argomentato, chiede solo che la qualità della vita non venga sacrificata in nome dell’intrattenimento e di una città “vetrina”, che mostra vitalità e nasconde disagio, che celebra se stessa mentre una parte della cittadinanza si sente ignorata. Ferrara non è un palco: è una comunità da abitare ogni giorno. Chi la abita ha il diritto di essere tutelato, non silenziato. La promozione culturale non può mai giustificare la compressione dei diritti fondamentali, né il venir meno della dignità degli abitanti”.

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