mercoledì 25 Giugno 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

IL CAPO della Nato fa le “coccole” a Trump / Meloni verso il sì al riarmo, la Spagna di Sanchez unica a opporsi

L’accordo sul 5% non è ancora concluso: non consideratelo un dato di fatto finché non avremo preso una decisione”. Così, a margine del vertice Nato dell’Aja, il premier svedese Kristersson, peraltro favorevole all’aumento, ha risposto alla stampa sulla resistenza del governo spagnolo (e di quello slovacco) all’aumento al 5%, dal 2% attuale, della quota del Pil da destinare alle spese militari.

Al vertice è presente Giorgia Meloni, che si è fatta precedere da una dichiarazione che la dice lunga sulle sue reali intenzioni: se vuoi la pace prepara la guerra. In pratica, l’Italia è orientata a firmare l’accordo sul 5 per cento. Alla cena dei leader la Meloni era seduta a fianco di Trump (foto). Tutto lascia presagire che l’Italia accetterà di arrivare a spendere lo statosferico 5% del Pil per gli armamenti. Il che significa un colpo quasi letale allo Stato Sociale.

Sembra però che le resistenze della Spagna di Sanchez spingano anche altri Paesi a mettere in discussione i nuovi target. Il primo ministro della Slovacchia, Robert Fico, ha scritto sui social che il suo Paese deve “riservarsi il diritto sovrano di decidere a quale ritmo e in quale struttura è disposta ad aumentare il bilancio del ministero della Difesa” per “raggiungere il piano della Nato entro il 2035”, precisando che Bratislava “è in grado di soddisfare i requisiti anche senza un sostanziale aumento della spesa per la difesa al 5% del PIL”.

Tra chi si è impegnato ad aumentare la spesa complessiva per la difesa e la sicurezza c’è il primo ministro britannico Keir Starmer, che ha sottolineato di voler rendere il Paese più competitivo e resiliente in una nuova era di “radicale incertezza”. Da parte sua, la Germania aumenterà la spesa per la difesa al 3,5% del PIL entro il 2029, finanziata attraverso un programma di prestiti di quasi 400 miliardi di euro, secondo quanto riportato da Reuters citando alcune fonti informate sui dossier. Il Cancelliere Merz mira a inviare un segnale forte in vista del vertice NATO.

IL PUNTO DA NEW YORK di Massimo Jaus *

All’Aia, dove i leader della NATO si sono riuniti per discutere della guerra in Ucraina e del nuovo assetto difensivo dell’Alleanza, Donald Trump è arrivato alle 19:45, in tempo per la cena ufficiale ospitata da sua maestà il Re dei Paesi Bassi. Ma tutto lascia credere che i colloqui del capo della Casa Bianca avvengano tra tensioni, sospetti e un clima molto diverso da quello delle passerelle trionfali che Trump immagina su Truth Social.

Afflitto da un protagonismo teatrale, Trump si presenta come il grande pacificatore del nostro tempo, ostentando successi diplomatici spesso non verificabili e rilanciando promesse che non ha mantenuto. Era tornato alla Casa Bianca promettendo la fine della guerra in Ucraina in “24 ore”. Cinque mesi dopo, il conflitto è più feroce che mai, mentre la diplomazia americana si muove a zigzag tra proclami e raid. Una pace, poi, mediata con Zelensky per lo sfruttamento delle terre rare dell’Ucraina cercando di emarginare i partner europei.

Durante il volo verso l’Olanda, a bordo dell’Air Force One salito intorno alle 13:15, Trump ha parlato a lungo con i giornalisti. Non ha chiarito se gli Stati Uniti onoreranno l’Articolo 5 della NATO. “Dipende dalla definizione, ci sono diverse definizioni dell’Articolo 5”, ha detto. Poi ha aggiunto: “Mi impegno ad essere loro amico e ad aiutarli”. (L’articolo 5 dell’Alleanza prevede l’obbligo dell’aiuto militare della Nato in caso di un’aggressione o di un’invasione di un Paese membro, ndr)

Sempre durante il volo, Trump ha rivelato di aver ricevuto una telefonata da Vladimir Putin. Il presidente russo si sarebbe offerto di aiutare “con l’Iran”. “Gli ho detto: non ho bisogno di aiuto con l’Iran, ho bisogno di aiuto con te”, ha detto Trump. Poi ha commentato le vittime recenti nel conflitto in Ucraina: “È un peccato che siano morti 6.000 soldati la scorsa settimana. Questa guerra non sarebbe mai iniziata se fossi stato presidente”.

Trump ha poi annunciato su Truth l’inizio di una tregua tra Iran e Israele. (…)  Il risultato ha galvanizzato la base MAGA. Il deputato Earl “Buddy” Carter ha proposto formalmente Trump per il Nobel per la Pace, elogiandolo per aver “fermato una guerra regionale e impedito all’Iran di acquisire l’arma più letale al mondo”. Fox News ha pubblicato foto trionfali, il New York Post ha titolato “No Holding Back”, e i social sono stati invasi da meme che raffigurano Trump come Superman.

Poco dopo il decollo, Trump ha rilanciato un messaggio che dice di aver ricevuto dal segretario generale della NATO Mark Rutte: “L’Europa pagherà in modo GRANDE, come dovrebbe, e sarà la tua vittoria. Congratulazioni per l’azione decisiva in Iran, nessun altro avrebbe osato”. La stampa olandese ha notato la “straordinaria abilità” di Rutte nel “coccolare” Trump.

L’obiettivo del vertice è rilanciare la NATO di fronte alla minaccia russa. Ma la nuova strategia è stata messa da parte per non irritare la Casa Bianca. La sessione NATO-Ucraina è stata ridotta al minimo. Zelensky ci sarà, ma da comparsa. Rutte ha proposto un aumento delle spese militari al 5% del PIL. Ma la Spagna ha già detto no. “È molto ingiusto verso gli altri alleati”, ha protestato Trump.

La diffidenza deriva dalle affermazioni del vicepresidente J.D. Vance che su Signal, parlando con i più stretti collaboratori del presidente ha scritto: “Detesto dover salvare di nuovo l’Europa”. E ancora: “Condivido l’odio per gli scrocconi europei” (…).

Confrontati all’autopromozione trumpiana per i mirabolanti successi che il capo della Casa Bianca si attribuisce, alcuni leader europei sembrano aver adottato una nuova tattica: sorrisi, strette di mano e complimenti esagerati per il “geniale acume diplomatico e militare” del presidente. Non è entusiasmo, ma prudenza. Emmanuel Macron, secondo fonti diplomatiche francesi, avrebbe definito in privato l’approccio di Trump “volubile e tossico”, mentre Friedrich Merz si sarebbe limitato a un commento secco: “Assecondarlo è l’unico modo per evitare il peggio”. Dietro le parole pubbliche di sostegno, molti alleati si muovono con cautela, temendo che un’esplosione verbale, o una repentina fuga come è stato per il G7 canadese, che possa mandare all’aria l’equilibrio già precario del vertice. Dopo l’esperienza del brutale scontro tra Trump e Zelensky, molti preferiscono blandirlo piuttosto che provocarlo, nella speranza di contenerne gli impulsi più pericolosi.

Il comunicato finale del vertice sarà breve e vago. Nessun riferimento chiaro all’Articolo 5, nessun impegno forte per l’Ucraina. Solo l’ombra lunga di un presidente che arriva da vincitore proclamato, ma resta politicamente isolato.

Trump ha usato la retorica della pace per giustificare raid unilaterali. Ha promesso stabilità, ma ha alimentato incertezza. Ha chiesto “meno guerre e più America”, ma oggi l’America è coinvolta su più fronti che mai. E soprattutto, senza obiettivi prefissati e condivisi con gli alleati, la strategia americana rimane erratica, reattiva, priva di coerenza e orientamento di lungo termine. All’Aia, tra sorrisi di circostanza e una cena reale, sicuramente la domanda che tutti si pongono, e nessuno osa fare ad alta voce, è se questa sia l’America che può guidare l’Alleanza Atlantica?

* The Voice of New York

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