venerdì 4 Ottobre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

La nuova scuola: ordine, disciplina e tutti in riga

Ordine e disciplina. Sembra ispirato a questi imperativi il disegno di legge sulla valutazione della condotta presentato dal ministro dell’Istruzione Valditara approvato ieri in Senato con 74 sì, 56 no e nessun astenuto. Il ddl va sotto il nome di ‘Revisione della disciplina in materia di valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti’.

Il provvedimento – che contiene anche il ritorno nella scuola elementare dei giudizi sintetici al posto di “base, intermedio e avanzato” sostituiti da ottimo a gravemente insufficiente (sai che mazzata per un bambino…) – ora dovrà passare all’esame della Camera.

L’ossessione nel voler ripristinare una scuola che punta solo sulla condotta e sulla necessità di reprimere i comportamenti devianti ha trovato ieri un primo sì in Parlamento. E’ preminente anche la necessità di tutelare gli insegnanti da fenomeni di bullismo o di teppismo vero e proprio. Insomma, bisogna impedire che piccoli gangster crescano…

Viene in mentre che il Paese che ha dato i natali a Maria Montessori – il padre era di Ferrara – conosciuta in tutto il mondo per il suo metodo educativo adottato in migliaia di scuole dall’infanzia alle superiori – oggi fa un passo indietro nel metodo di valutazione del comportamento. Leggendo il disegno di legge Valditara si nota infatti la concentrazione esclusiva del governo nel voler mettere in riga la generazione che prima o poi si affaccerà alla vita civile.

La Montessori sosteneva che l’adulto, quando richiede a un bambino la disciplina e l’obbedienza, trascura quasi sempre la sua volontà; gli propone un modello da imitare: «fai come faccio io!», oppure un comando diretto: «stai fermo!», «stai zitto!». Bisogna domandarsi: «Come può il bambino scegliere di obbedire se ancora non ha sviluppato la volontà?».

Ben altri fattori influenzano, invece, gli atteggiamenti degli studenti da convincerci che  la repressione dei comportamenti inappropriati in classe non può essere circoscritta a un freno imposto per legge. Perché si entra in classe con in testa ciò che si vede e si assimila fuori, a qualsiasi ora, dalla televisione, sempre più volgare e consumista, dalla Rete, invasiva e neutrale, e dai vari media che la stessa tecnologia oggi mette a disposizione in abbondanza.

Il tutto nell’insoddisfacente ruolo delle famiglie, influenzate dall’ambiente circostante e dai nuovi incalzanti bisogni. Puntare  molto sulla condotta fa nascere il sospetto che si  voglia ancora una volta risparmiare sull’educazione dei nostri figli-studenti, poiché pensare a una scuola inclusiva, formativa, a misura di bambino o di studente costa parecchio. Come costa formare un insegnante che una volta in cattedra sia in grado di svolgere il suo lavoro orientando gli alunni, osservandoli e correggendoli, e non caricandoli di formalismi, figli anche di impellenze burocratiche o di scelte governative.

Un bullo, ad avviso di moti, entra a scuola già potenzialmente bullo. E’ stato formato da altre agenzie educatrici: la strada, la famiglia distratta, la comunicazione, la moda (sì, la moda), lo sport (sì, lo sport), l’inconsistenza della Rete, il linguaggio corrente avaro di concetti ma intriso di slogan, l’imperante conformismo che impone a un’età di formazione e di avvio alla vita la partecipazione prematura a una gara, a una competizione. Non possiamo mettere solo sulle spalle della  scuola il fardello di arginare tali deviazioni. Tutti in riga è un ordine da caserma, ma i nostri figli non sono reclute e agli insegnanti non si possono chiedere i gradi di sergente.

E poi, parlando di elementari: come si può pretendere da un bambino o da un  ragazzino con l’argento vivo in corpo di essere disciplinati? Li teniamo attaccati ai banchi? O li leghiamo al termosifone? Li facciamo inginocchiare sui ceci? O li bacchettiamo ogniqualvolta il loro comportamento stride con la vulgata educatrice?

Perché non insistere invece sulla pazienza di chi sta in cattedra, sulla capacità di comprensione, sull’abnegazione, sulla funzione educatrice e sull’amore per l’insegnamento? Auspicabile anche il buon esempio di coloro che se ne stanno fuori a pontificare e a magnificare la scuola dei tempi andati, ma qui l’Italia difetta parecchio.

Tornare a quella scuola potrebbe voler dire tornare alla scuola delle differenze sociali, della competitività prematura e non richiesta, degli sbocchi predefiniti. Dare a un alunno delle elementari il giudizio “gravemente insufficiente” non è per caso una stigma che lo perseguiterà per anni e anni?

E’ molto istruttivo, anche se non da tutti condivisibile, riflettere sulla scuola dove l’adulto interviene solo nel momento in cui il bambino agisce in modo distruttivo. E dove la velocità di risoluzione degli esercizi non è una qualità da coltivare, lo sono invece la cura e la reale comprensione di una lezione, di un insegnamento.

E che dire del gioco indispensabile per la vita in una comunità? Oggi lo abbiamo delegato alla Rete, a tal punto che si stanno riducendo i tempi della concentrazione, che si sta affermando un allarmante non-linguaggio, un graduale distacco dalla realtà, uno slang sincopato, da rapper, freddo e superficiale. La potremmo chiamare solitudine che plasma in modo negativo il carattere di chi poi si ritroverà a stare sui banchi di scuola.

A questo punto è lecito chiedere: a chi dovremmo dare un bel 5 o far fare l’esamino a chi arriva al 6? Al malcapitato alunno della scuola che verrà o a coloro che affrontano i problemi inasprendo giudizi e pene, mai orientati a lavorare e a decidere sulle vere cause di quanto di indicibile, di insufficiente e intollerabile avviene in un’aula?

Bisogna interrogarsi, a qauesto punto, su quale sia la scuola migliore per i nostri figli: quella pronta a bocciarti in nome dell’ordine e disciplina, e a infliggerti già a dieci anni la patente di inadatto, oppure quella che sa accompagnarti alla maggiore età offrendoti gli strumenti indispensabili per la vera competizione che conta, quella della vita? (Piero Di Antonio)

COME CAMBIANO LE ELEMENTARI

Bocciatura con il 5 e un “esamino” con il 6: poi una stretta nella valutazione e sanzioni per studenti che commettono “violenze”. Il nuovo disegno di legge contempla anche un diverso modo di valutazione per le elementari. Il ddl prevede diverse novità attribuendo maggiore peso alla valutazione del comportamento degli studenti:

Sarà considerata nell’arco dell’intero anno scolastico, anziché solamente per quadrimestre, e si dirà addio al sistema descrittivo fin qui usato tornando, alle medie e superiori – al voto espresso in numeri. Alla primaria, invece, addio alla riforma del 2020 e a definizioni come “avanzato”, “intermedio”, “base”. Si torna ai giudizi sintetici con valutazioni che partiranno da “ottimo” a “gravemente insufficiente”.

La condotta avrà un peso determinante per l’ammissione all’anno successivo o alla maturità: gli studenti dovranno necessariamente raggiungere un voto minimo, con il rischio “bocciatura” se il voto scenderà sotto al “5” o di un debito scolastico in educazione civica alle scuole superiori, se si è preso “6”.

Comportamenti violenti o aggressivi nei confronti di docenti, altri studenti e personale scolastico peseranno di più con la possibilità anche di sanzioni e multe per chi danneggia gli istituti durante manifestazioni o occupazioni.

Le nuove norme modificano anche il sistema di sospensioni: fino a due giorni, lo studente verrà coinvolto in attività di riflessione e approfondimento, che culmineranno nella produzione di un elaborato critico. Per sospensioni più lunghe, verranno assegnate attività di cittadinanza solidale.

IL MINISTRO. “Bene l’approvazione al Senato della riforma della valutazione della condotta. Rappresenta un importante passo in avanti nella costruzione di una scuola che responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti. A differenza di quanti parlano di misure autoritarie e inutilmente punitive, io rivendico la scelta di dare il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti. Ritengo che nel caso di atti di bullismo non solo sia inutile ma anche dannoso tenere il ragazzo lontano da scuola, lasciato a non fare nulla”.

Lo ha dichiarato il ministro Valditara. “Sono convinto che l’impegno in attività sociali sia molto più costruttivo, perché lo studente possa analizzare e comprendere i motivi dei propri comportamenti inappropriati. Far parte di una comunità comporta diritti e doveri, tra i quali il rispetto per i docenti, i propri compagni e i beni pubblici. È anche importante che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare. Per costruire una società realmente democratica, per combattere la violenza, per ridare centralità ai valori fondanti della nostra Costituzione si deve ripartire dalla scuola, ogni giorno in prima linea nell’educazione dei nostri giovani. Noi lo stiamo facendo”, conclude Valditara.

 

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